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LEARNING OBJECTS

L.O.: messa a fuoco!

Intervista a Corrado Petrucco sui Learning Objects: un'occasione per ripensare le comunità di pratiche

di Valentina Tiracorrendo
05 Novembre 2004

Archivio Dia IndireCorrado Petrucco opera nel gruppo di ricerca sulle Tecnologie Educative dell'Università di Padova, dove è anche docente di Tecnologie Didattiche. Lavora presso l'Università IUAV  di Venezia, è docente e formatore in corsi di perfezionamento universitari e per la Pubblica Amministrazione; da anni si occupa delle applicazioni didattiche di Internet ed in particolare degli aspetti cognitivi della ricerca di informazioni e della rappresentazione della conoscenza su Web. Autore di numerosi saggi sull’argomento ha recentemente pubblicato Ricercare in rete (Pensa Multimedia, Lecce, 2003) e Le prospettive didattiche del semantic web (Atti Didamatica, Genova, 2003).
Abbiamo posto allo studioso alcune domande sugli oggetti di apprendimento per guardare più da vicino e conoscere le prospettive e le scelte dei nuovi approcci teorici dei sistemi educativi in relazione alla integrazione di Internet nelle pratiche del quotidiano, cui i L.O. risultano strettamente connessi. 
La concettualizzazione del Learning Object non è ancora del tutto condivisa, come testimonia la stessa molteplicità delle sue definizioni, per quanto si sia imposto come paradigma efficace dell’ e-learning; Corrado Petrucco ci ha avvicinati a questo elemento politropico attraverso l’analisi dei suoi connotati salienti, illustrandoci come la sua comprensione non possa prescindere dalla riflessione in merito ai paradigma di rappresentazione della conoscenza che gli stessi oggetti di apprendimento postulano. Ci ha  quindi efficacemente guidati alla loro contestualizzazione all’interno di  comunità di pratiche, attuali e possibili,  che hanno il compito di valutarne l’uso e la formalizzazione.


Nel corso laborioso della sua storia recente il termine Learning Object ha acquisito significati sempre più estesi. Secondo la definizione data dal IEEE-Learning Technology Standards Committee [IEEE-LTSC, 2000] è definito oggetto didattico “Qualsiasi entità, digitale o no, che può essere usata, ri-usata o a cui far riferimento durante un processo di apprendimento, istruzione o formazione supportato da [artefatti] tecnici…”. 

In che senso dunque l’oggetto di apprendimento dà forma e postula un nuovo paradigma di rappresentazione della conoscenza rispetto a quelli, tradizionali, di creazione e catalogazione di materiale didattico?

I Learning Object sono un concetto ancora non del tutto condiviso: lo provano le molte definizioni diverse che ne sono state date. I punti fondamentali che però tutti accettano e che distinguono un LO, sono essenzialmente tre:
1) il fatto che siano creati appositamente per supportare un processo di apprendimento e
2) il fatto che siano strutturati seguendo una  concezione  “modulare” che ne sottende la riusabilità in molteplici contesti. 
3) Il fatto che necessitano di un’adeguata indicizzazione per il loro recupero e fruizione.

Internet ha senza dubbio favorito la concezione dei L.O. anche se l’idea di creare una struttura a fini didattici che rappresenti la conoscenza in forma modulare non è nuova, se vogliamo anche i normali manuali scolastici “modularizzano” il sapere organizzandolo in argomenti e poi in capitoli, paragrafi e sezioni; l’idea innovativa (e anche la grande sfida) è quella di creare dei “moduli” che siano autoconsistenti e che non abbiano bisogno  di tutta quella rete di rimandi concettuali e intertestuali tipici appunto di una  rappresentazione sequenziale/narrativa propria del libro (ad es. “…come abbiamo visto nel precedente capitolo….”).  Ma è realmente possibile prescindere da riferimenti intertestuali espliciti nel realizzare materiale didattico modularizzato? La comprensione non ne potrebbe risultare compromessa? E quali categorie adottare per l’indicizzazione ed il recupero degli oggetti? I nodi della discussione contemporanea sono tutti qui.
Il  L.O. viene spesso descritto attraverso la metafora del mattoncino Lego e quindi considerato elemento indipendente dal contesto di creazione e di utilizzo.

Favorire la sua riusabilità significa  percorrere la direzione di una decontestualizzazione del Learning Object?

I Learning Objects,  di per sé,  de-contestualizzano fortemente il processo di creazione di materiale didattico. Infatti, secondo questo paradigma, ogni oggetto di apprendimento si potrebbe aggregare ad altri costruendo di volta in volta diverse unità didattiche che rispondano ad esigenze formative specifiche. Ma se l’oggetto è troppo piccolo, scarno e privo di qualsiasi riferimento contestuale (ad es. un grafico, una tabella statistica non commentata, una citazione da un testo) la sua utilità si riduce a quella di semplice risorsa informativa priva di stimoli per l’apprendimento; al contrario, se l’oggetto è invece troppo “denso”,  e copre ad esempio un’intera unità didattica o addirittura un corso, sarà difficile riutilizzarlo e adattarlo alle proprie esigenze. Si parla a questo proposito di gradi di granularità.  È significativo il fatto che uno dei molti campi di meta-dati proposti per l’indicizzazione dei L.O. parli proprio di “structure” e di “aggregation level” in cui appunto si tenta in qualche modo di far esplicitare la struttura interna di un oggetto in funzione del suo grado di aggregazione. Ritengo che questa però sia solo una parte del problema: non si è ancora sufficientemente affrontato il tema dell’approccio pedagogico all’aggregazione degli oggetti, ad esempio da parte di un docente che vuole costruire un percorso didattico. A mio parere questo processo è estremamente importante ed è quello che sicuramente dà valore aggiunto a tutto, fornendo “intenzionalità” o il “collante” didattico-narrativo che produce significato e che va certamente  al di là dei contenuti dei singoli oggetti.

Il L.O. può costituire un dispositivo autonomo pedagogicamente funzionale o deve piuttosto essere considerato uno strumento da contestualizzarsi entro una presupposta progettazione curricolare di sistemi di e-learning?

Archivio Dia IndireNella teoria sì, pensiamo ad esempio alla “didattica modulare” in cui si cerca di gestire il processo di insegnamento/apprendimento in modo flessibile creando moduli omogenei e consistenti ma nella pratica senza la Rete e le piattaforme di e-learning direi che i L.O. non avrebbero molto senso: per spiegarlo dobbiamo ricorrere al concetto che gli anglosassoni esprimono con la parola “affordance”, ovvero “le cose che posso fare con un certo strumento”. In breve, significa che con la tecnologia sono possibili dei processi a costi economici e cognitivi relativamente bassi. Avere solo la bicicletta ci mette nella condizione di pensare alle vacanze in tempi e modi molto diversi rispetto all’utilizzo dell’auto. I L.O. così strettamente connessi alla diffusione di Internet, proprio per la facilità con la quale possono essere recuperati ed aggregati per costruire percorsi formativi modulari ed adattivi, si sono imposti come paradigma efficace dell’e-learning.
In una prospettiva costruttivista il contributo del contesto (sociale, culturale, lavorativo, organizzativo, et.) è di fondamentale importanza nella definizione del processo di apprendimento e si riflette sulla struttura dell'intervento formativo, sull'organizzazione dei supporti forniti dai docenti, sulle funzionalità offerte dai L.O..

La scelta degli attributi da inserire nei diversi campi dei metadati educational possono inficiare l'oggettività richiesta da questo tipo di classificazioni, funzionale alla condivisibilità degli stessi L.O.? Ed in quale misura le diverse tipologie di metadati postulate dagli standard, come ad esempio lo S.C.O.R.M., sono efficaci per una valida descrizione degli stessi contesti educativi di riferimento?

Questo è certamente un problema molto serio. Non è solo un problema di trovare una volta per tutte la giusta classificazione per ogni oggetto: da che mondo è mondo, ogni classificazione è funzionale e contestuale alle esigenze contingenti di chi la utilizza. Un esempio divertente ma molto significativo di ciò che intendo dire è la famosa classificazione tratta da un'immaginaria enciclopedia cinese di Jorge Luis Borges. Secondo questa enciclopedia gli animali si suddividono nelle seguenti classi: “a) appartenenti all'imperatore; b) imbalsamati; c) addomesticati; d) i porcellini da latte; e) le sirene; f) quelli favolosi; g) i cani randagi; h) quelli inclusi nella presente classificazione… “ e via proseguendo in distinzioni sempre più improbabili. A noi fa ridere, ma se fossimo nati nella cina del II secolo a A.C. ci apparirebbe abbastanza sensata, soprattutto di fronte ad un esattore delle tasse dell’imperatore accompagnato da un nutrito drappello di soldati.
Ora, nell’indicizzare i L.O. si usano i metadati  (LOM Learning Objects Metadata) che sono comunemente definiti come “dati che descrivono altri dati”. Un semplice esempio di metadati sono le schede bibliografiche di una biblioteca. Nella descrizione dei L.O. vi sono però molti altri campi (circa 70 per l’IMS) che tentano di aggiungere informazione semanticamente significativa per esempio sul target, sui contenuti, sulle modalità di fruizione degli oggetti, insomma tutti i riferimenti utili a descriverne le “proprietà pedagogiche”. Il tentativo è meritorio dal punto di vista teorico, ma fallimentare dal punto di vista pratico: per prima cosa i campi descrittivi sono troppi e nessuno li compilerà mai tutti, ma soprattutto persone diverse classificheranno gli oggetti in modi diversi, utilizzando terminologie di riferimento differenti. Rendendo pressochè inutile lo sforzo classificatorio. Recenti ricerche internazionali (Friesen, 2004) sul tipo e la quantità di metadati hanno ottenuto  risultati sconfortanti  (ne viene usata si e no la metà o 1/3) e che confermano l’eccessivo carico cognitivo imposto dalla descrizione. Credo che forse sarebbe meglio pensare sia a ridurre drasticamente il numero dei campi, sia a ragionare in modo alternativo su questo problema. Duval e Hodgins, che appartengono al comitato IEEE-LOM,  suggeriscono di concentrarsi maggiormente sui software che ricavano automaticamente i termini dalla descrizione testuale piuttosto che sull’uso corretto e letterale dei metadati.
Personalmente ritengo che la soluzione si possa trovare soprattutto all’interno di specifiche comunità di pratica in grado di condividere uno shared repertoire. Comunità che non devono essere troppo grandi poiché l’interazione che genera significati condivisi tende generalmente a decrescere con l’aumentare delle dimensioni della comunità stessa e porta al frazionamento in gruppi più piccoli. Lo sforzo deve poi essere quello di identificare dei nuclei di senso comuni tra gruppi per stabilire delle relazioni intra-comunità e  ricostruire una “comunità estesa”.  Quindi la ricerca di Learning Objects in appositi repositori non basta. Occorre sempre e comunque una comunità dove discuterne la qualità, catalogazione, il miglioramento ed i possibili utilizzi in vari contesti didattici.
Credo che una soluzione anche al di fuori di sistemi proprietari di e-learning, possa essere quella dei blog associati alla tecnologia dell’ RSS con l’importante concetto di “trackback”. I weblog permetterebbero ad una comunità di discutere dei L.O. e delle modalità del loro utilizzo contestualizzandoli e suggerendo modi alternativi di aggregare i contenuti. Essi infatti danno la possibilità di creare ed aggregare contenuti provenienti da più siti su di un canale tematico o argomento specifico, spesso rappresentato da una o più parole chiave. Il processo dovrebbe stimolare una sorta di circolo virtuoso, detto “trackback” o rintracciamento, nel corso del quale chi utilizza un determinato oggetto, alla fine ne ri-edita alcuni metadati e cerca di specificare come l’ha usato ed in quale contesto didattico. Queste nuove informazioni andrebbero automaticamente ad integrare la descrizione del Learning Object, che così arricchito può essere interrogato da software che utilizzano il protocollo RSS. Potrebbe accadere allora che un singolo oggetto venga utilizzato da docenti di discipline diverse in contesti diversi: di questo importante percorso ne viene mantenuta costantemente traccia aumentando il valore intrinseco dell'oggetto didattico.
Per quanto riguarda lo SCORM, pur essendo certamente un importante punto di arrivo e standardizzazione, ritengo che sia del tutto irrilevante ai fini del problema fondamentale della catalogazione. Tra parentesi, un problema dell’attuale versione delle specifiche SCORM, è che  esso esprime la struttura degli oggetti contenuti nell'unità didattica, ma manca di relazioni semantiche significative tra di essi e non ha alcun riferimento al contesto. Questo rischia di allontanare l’obiettivo di utilizzare i L.O. alla loro massima potenzialità aggregativa e adattiva.

Chi sono i soggetti che concorrono all’individuazione dei sistemi di classificazione dei L.O. e quali le strategie perseguite a livello europeo?

Certamente l’IMS Global Learning Consortium (USA) che con l’IEEE-LTSC ha rilasciato la versione 1.3 dello standard LOM. Poi c’è stata l’esperienza di ARIADNE (EU), e quelle significative di molti altri  LTSN (UK), Metalab (Francia ), CELTS (Cina), MERLOT (USA) e CAREO (Canada). E c’è anche il CEN-ISSS, che tenta di coordinare gli sforzi per la standardizzazione a livello europeo.
In Europa, il progetto ARIADNE è nato con l’intento di creare un repositorio di Learning Object di qualità per l’educazione e la formazione nell’ambito del programma IST. I metadati utilizzati sono opera di un gruppo di esperti catalogatori che hanno anche redatto una serie di raccomandazioni (http://www.ariadne-eu.org/en/publications/metadata/ams_v32.html).
L’impressione però è quella che si stiano facendo grossi sforzi per la ricerca di standard comuni e condivisi e per la ricerca di soluzioni tecnologiche efficienti , ma che si affronti poco il problema pedagogico della costruzione, aggregazione e valutazione degli oggetti.

Quali gli strumenti per verificare la qualità dei Learning Objects?

Più che di strumenti io parleri di comunità: è la comunità di pratica che ha il compito di valutare ciascun Learning Object. Penso che forme di valutazione “a priori” affidate ad “esperti” siano una strategia fallimentare, sia per problemi di mole di lavoro richiesta sui grandi numeri di oggetti nei repositori, sia per la possibile mancanza di consenso ed accordo sul giudizio di qualità.

In quale misura l’aspetto grafico dell’interfaccia interviene nella qualità di un L.O.?

Nella misura in cui rispetta i criteri di una ragionevole “usability”.

E' ragionevole supporre dei template relativi agli aspetti di rappresentazione grafica dei  L.O. che possano costituire elementi sostanziali per una efficace comunicazione dei contenuti ed una con-divisibilità degli oggetti didattici?

Ritengo che sia molto difficile standardizzare. Per il semplice motivo che il contenuto di ogni L.O. veicola dei significati propri che esigono una propria forma espressiva e ne caratterizzano in modo peculiare la fruizione.

Il sistema ScholOnto [Buckingham-Shum et Alii, 2001], come Lei indica in una sua relazione su “Le prospettive didattiche del Semantic Web” (vedi Atti Didamatica, 2003), costituisce un ambiente intelligente per la gestione di paper pubblicati da ricercatori ed è basato su di un’ontologia, o "base di conoscenza progettata", capace di gestire non soltanto documenti, ma anche concetti espressi al loro interno e le loro relazioni con concetti presenti in altri documenti di tema simile.
Esistono in Italia esperienze analoghe di discussione e ricerca e quali sono i principali limiti di accesso all’utilizzo ed alla partecipataArchivio Dia Indireinterpolazione degli oggetti di apprendimento?

Non ci sono ancora molte esperienze di questo tipo in Italia. Di più si sta facendo per l’integrazione dei Learning Objects in strutture ontologiche capaci di fornire un supporto efficace per il loro reupero e la loro fruizione. Molti stanno lavorando in questo senso. Nell’ambito dei PRIN, (Programmi di ricerca di Rilevante Interesse Nazionale) del Ministero sto appunto seguendo il progetto EduOnto, che verte sulle nuove prospettive per l'elearning che il web semantico ed i Learning Object offrono. La ricerca vuole verificare se i due problemi fondamentali degli oggetti di apprendimento, la dimensione pedagogica ed il consenso terminologico relativo alla loro indicizzazione, possano essere risolti attraverso la messa a punto e l’utilizzo consensuale di ontologie di dominio.
Il progetto EduOnto ha come fine immediato la costruzione di una ontologia utilizzabile per descrivere gli attori, i processi e le tecnologie nelle scienze dell’ educazione e, come risultato finale, la messa a punto di  un Learning Object Repository che sfrutta la base ontologica per una loro consultazione intelligente.  Attualmente è gia pronta la parte ontologica relativa al concetto di valutazione che tra breve sarà consultabile  su Web attraverso un’apposita interfaccia "Wiki". La scelta di questa interfaccia  è dovuta al fatto che permette in modo facile ed efficiente la condivisione e la modifica di una struttura ontologica da parte di una comunità di pratiche. È  importante segnalare che l'ontologia risultante verrà resa disponibile su Web a tutti gli attori della formazione/educazione, sia a livello nazionale che internazionale, in modo tale da poter essere usata quale strumento di apprendimento e di ricerca.

Potrebbe indicarci i luoghi di discussione in merito alle più aggiornate proposte di offerte formative, italiane ed europee, per l'acquisizione di competenze utili non solo ad una funzionale ed efficace fruizione ma anche alla contestualizzazione e creazione di oggetti didattici?

Per la creazione di L.O. ci sono molti riferimenti legati soprattutto agli strumenti software utilizzati: penso ad esempio ad Authorware della Macromedia che offre delle soluzioni interessanti. Ma ce ne sono molti altri altrettanto validi, per lo più legati a specifiche piattaforme di LCMS. Per i riferimenti sulla discussione posso senz’altro citare il progetto CELEBRATE a cui partecipa l'Istituto Indire, il sito inglese del CETIS, (Center for Educational Technology and Interoperability Standards) ed il sito della European Schoolnet. Per l’Italia in molte Università si stanno formando gruppi di ricerca e vengono creati corsi accademici e di perfezionamento mirati ad affrontare il tema in modo approfondito.

Per ulteriori approfondimenti e/o chiarimenti è possibile rivolgersi direttamente al prof. Corrado Petrucco.

Intervista di Valentina Tiracorrendo, Indire Comunicazione

Editing a cura di Francesco Vettori, Indire Comunicazione

 

 
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