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ARCHIVI E BANCHE DATI

Il fanciullo ha diritto alla libertà di espressione

Segni e disegni: imparare i linguaggi dell'immagine e sperimentare la cittadinanza attiva e solidale

di Valentina Tiracorrendo
21 Febbraio 2005

Senza titolo, Elena Lia Franzoni, 12 anni, 1961. Archivio storico Indire, fondo materiali scolastici“Il fanciullo ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di ricercare, di ricevere e di divulgare informazioni e idee di ogni specie, indipendentemente dalle frontiere, sotto forma orale, scritta, stampata o artistica, o con ogni altro mezzo a scelta del fanciullo.”
Così dice l’articolo 13 (capo 1) della Convenzione Internazionale sui diritti dell'infanzia, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989 a New York, oggi diffusa e sottoscritta da 191Paesi.

Il trattato legislativo internazionale, composto di 54 articoli, è stato ratificato dal Parlamento italiano il 27 maggio 1991 diventando così legge dello stato. Con il protocollo n.° 36942/BL del 23.3.1999 il Ministero della Pubblica Istruzione invita le scuole ad una attenta riflessione sul tema, sollecitando la conoscenza del documento non soltanto da parte degli insegnanti, ma anche da parte dei soggetti cui la Convenzione, per la prima volta nella storia, riconosce questi diritti. Educare ai diritti umani è infatti il grande obiettivo trasversale che sta alla base di tutte le programmazioni educative e didattiche;
In riferimento ai principi proclamati nei diritti dell’infanzia, nei loro aspetti intellettuale, emotivo, culturale, sensitivo, critico, operativo, la Convenzione riconosce nella educazione all’espressività ed alla creatività il percorso privilegiato attraverso il quale il bambino e, quindi, il ragazzo, possono dare forma e comunicare il proprio pensiero ed identità non solo personale, ma culturale e collettiva; La Convenzione dei diritti del bambino suggerisce infatti di cogliere questo percorso come occasione preziosa ed irrinunciabile per la scoperta e la formulazione di linguaggi che superino le barriere multietniche, come contesto reale per comprendere e sperimentare la dimensione di una cittadinanza attiva e solidale. Attraverso l’elaborazione poetica e creativa dei linguaggi, riesce ad esprimersi l’irriducibile tendenza umana a condividere e confrontare i significati delle esperienze. Emerge quindi con tutta evidenza l’importanza di costruire l’opportunità per tutte le bambine ed i bambini del mondo di fare propri tutti gli strumenti espressivi per poter inventare sempre nuovi racconti, per comporre personali e concertati itinerari di vita.
Il diritto del bambino di esprimersi con il linguaggio grafico passa attraverso la sua alfabetizzazione, ma questa non può arrestarsi alla proposta di una sola lingua, trasmessa nei suoi aspetti nozionistici e strumentali, funzionali alla rappresentazione, deve invece e necessariamente aprirsi al plurilinguismo ed al suo uso creativo.
Il boscaiolo, Claudio Camarlinghi, 6 anni, 1961. Archivio storico Indire, fondo materiali scolasticiNel Sistema Nazionale di Istruzione italiano la capacità di fruizione e produzione di messaggi è indicata tra gli Obiettivi specifici di apprendimento del percorso educativo, già a partire dalla Scuola dell’Infanzia. In questa istituzione l’individuazione di obiettivi formativi e la scelta di appositi metodi e contenuti è funzionale alla progettazione di Unità di Apprendimento nelle quali le capacità personali di ciascun bambino vengono trasformate in competenze, nella prospettiva della maturazione del profilo educativo, culturale e professionale dello studente.
Al livello della scuola primaria e secondaria di 1° grado, con “Arte e immagine”, viene indicato uno dei dieci Obiettivi specifici di apprendimento sia per la classe prima, che per i due bienni successivi.
Gli obiettivi formativi nel primo anno e nel primo biennio, secondo le Indicazioni Nazionali, devono essere esperiti a partire da problemi ed attività tratti dall’esperienza diretta dei fanciulli. “Tali […] attività, per definizione, sono sempre unitarie e sintetiche, quindi mai riducibili né ad esercizi segmentati ed artificiali, né alla comprensione assicurata da singole prospettive disciplinari o da  singole ‘educazioni’. Richiedono, piuttosto, sempre, la mobilitazione di sensibilità e prospettive pluri, inter e transdisciplinari, nonché il continuo richiamo all’integralità educativa.”. A partire dal secondo biennio della scuola primaria del primo ciclo - classi quarta e quinta - gli obiettivi formativi senza eludere il legame con l’esperienza e l’integralità di ogni processo educativo, possono essere organizzati in singole attività scolastiche per discipline.
Dalla composizione di uno o più obiettivi formativi tra loro integrati, e tenendo conto del principio di unitarietà delle attività educative e didattiche, dei metodi, delle soluzioni organizzative, delle modalità di verifica delle conoscenze e delle competenze acquisite, si costituisce la progettazione delle Unità di Apprendimento .
Ogni istituzione scolastica, o ogni gruppo docente, decide il grado di analiticità di questa progettazione.
L’insieme delle Unità di Apprendimento effettivamente realizzate, con le eventuali differenziazioni che si rendono necessarie per singoli alunni, dà origine al Piano di Studio Personalizzato
Le unità dei Piani di Studio Personalizzati anche nell’aspetto didattico-organizzativo si evincono dal Piano dell’Offerta Formativa di istituto.


Per fare cultura; per attuare una reale libertà dell’espressione occorre progettare ed attuare contesti operativi flessibili ed improntati alla interdisciplinarietà; ovvero è necessario assegnare la prevalenza alla dimensione formativa ed educativa dell'insegnamento, sia a livello di obiettivi sia di prassi operativa, per sperimentare le conoscenze trasformandole in apprendimenti concertati di competenze. La riforma Moratti della scuola primaria e secondaria di 1° grado consente di individuare gli spazi per realizzare queste importanti esperienze espressive nell’area delle attività facoltative, che fanno parte dei Piani dell’Offerta Formativa dei singoli istituti ai quali è destinata quella parte di orario variabile di 198 ore annuali, aggiuntive all'orario curricolare, dipendenti, anche, dalla scelta delle famiglie. Questa scelta consente agli allievi la possibilità di contesti nei quali valorizzare le competenze e le sensibilità personali; agli insegnanti un potente strumento progettuale per rendere veramente equilibrata la proposta didattica, programmando, accanto ai momenti di studio mirati all'acquisizione progressiva di contenuti e abilità, la presenza di un altro tipo di contesti, caratterizzati da una forte valenza laboratoriale e creativa.
Risulta quindi evidente l’urgenza e la responsabilità dei singoli docenti nel situare in un contesto operativo interdisciplinare gli insegnamenti a spiccata valenza espressiva e creativa, per trasformare i contenuti teorici e strumentali, propri alle discipline, in competenze cognitive.
Attraverso la costruzione di contesti laboratoriali si concretizza una attività didattica che vede i bambini ed i ragazzi al centro dei processi elaborativi, individuali e collettivi. Uno spazio per misurarsi con la concretezza delle azioni ed il senso delle proprie iniziative, dove le capacità individuali sono strumenti per nuove realizzazioni.
“Laboratorio” è una particolare concezione dell'attività disciplinare, da non ridurre alla sola produzione di manufatti: è un modo di trarre dall’incontro con la realtà quei segni che, rielaborati sul piano immaginifico e fantastico, divengono gli elementi di nuovi testi.
È anche il luogo in cui confrontarsi con l’altro oltre le logiche del confronto e dell’antagonismo, perché la differenza viene coltivata come valore di affermazione dell'individualità.

Marte, Annalisa Cienna, 14 anni, 1969. Archivio storico Indire, fondo materiali scolastici
Progettare questi momenti come occasioni di esperienza realmente vissuta, e non come una sequenza preordinata di tappe di apprendimento, significa riconoscerne e impiegarne tutta la potenza educativa; significa concepire la didattica come capacità di creare delle opportunità favorevoli allo sviluppo dei processi di conoscenza.
Non è dunque un'illusione che si possa insegnare ad imparare.
Lo stesso Giovanni Calò, sensibile ed acuto pedagogista che, insieme a Giuseppe Lombardo Radice ed Ernesto Codignola, fu tra i primi in Italia a comprendere l’importanza e la valenza democratica dell’attivismo pedagogico, ideatore e fondatore del Museo Didattico Nazionale, primo nucleo di quel “laboratorio di idee” che Indire ha raccolto e fatto proprio alla impostazione di documentazione ricerca del suo Istituto, considerava il disegno infantile un efficace “mezzo di educazione estetica”, e sosteneva che compito dell’educatore fosse quello di promuovere l’abilità espressiva della linea e del colore, poiché proprio nella capacità del disegno spontaneo leggeva la facoltà del bambino di “dominare gi oggetti della sua espressione”.
In occasione del 40° anniversario del gemellaggio tra le città di Firenze e Kyoto, l’ Istituto Nazionale di Documentazione per l’Innovazione e la Ricerca Educativa, insieme al Gabinetto Scientifico Letterario G.P. Vieusseux, alla Pinacoteca Internazionale dell’età evolutiva Aldo Cibaldi  di Rezzato (BS), alla Collezione Levoni ed all’Associazione culturale FeiMo - Contemporary Calligraphy con la proposta della mostra Infantàsia offrono, l’occasione di un importante momento di riflessione e di studio sulla produzione grafica infantile
La mostra si propone quale originale contesto di incontro tra Occidente e Oriente, attraverso una insolita selezione di ottanta disegni di bambine e bambini italiani e giapponesi, che copre l’arco di tempo dal 1938 ad oggi.Le sei oche per bene si ubriacano, Nadia Celin, 7 anni, 1953. Archivio storico Indire, fondo materiali scolastici

I disegni dei bambini sono una forma di comunicazione ed uno strumento di conoscenza spesso incompresi dall’adulto, perché portatori di una diversa visione e di un diverso approccio alla realtà. Sono le risposte "grafiche" e le soluzioni tecniche alle molte domande, spesso difficili, che il bambino si pone quando vuole rappresentare, nel segno e nel colore, il mondo che sta scoprendo ed i propri sentimenti.
L’antologia proposta costituisce il materiale e l’oggetto di una ricerca che vuole chiamare alla riflessione in merito alle prerogative e peculiarità della produzione grafica infantile, sia come elemento per imparare a conoscere, più da vicino, il bambino ed il ragazzo, sia quale strumento, per questi, di elaborazione ed invenzione, anche nel senso etimologico, di libere soluzioni di rappresentazione della conoscenza e costruzione di significati.
Ecco che allora questi disegni si sono rivelati anche i tramiti privilegiati ed inconsueti per accedere alla comprensione di realtà lontane nel tempo e nello spazio.
Le esperienze vissute e raccontate attraverso i disegni dai bambini italiani e giapponesi, nell’arco di tempo che abbraccia quasi un secolo di storia, consentono di leggere nei loro lavori tanto la prossimità di mondi e consuetudini quotidiane lontani, quanto i cambiamenti che, negli anni, hanno determinato il mutamento della fisionomia dei luoghi e delle pratiche del loro vivere. Ma la fascinazione attenta ed acuta dello sguardo con il quale si immergono nella realtà delle loro esperienze sembra rimanere intatta.
Le meravigli del quotidiano, annunciate nel titolo dell’iniziativa sono quelle che scaturiscono là dove ancora ci troviamo condizionati dall’ingerenza di categorie di significazione, di pre-testi di lettura, assunti con dogmatica noncuranza.
Il momento di una tenera sovversione di ogni senso comune, l’innocente delazione di ogni deontologia che si trincera nell’abitudine del con-senso, può trovare nel crocevia tra didattica dell’arte ed educazione visiva l’occasione di confronto tra le numerose prospettive disciplinari di lettura e l’altro, nella sua in attingibile visione di bambino.
Il disegno contraddice, interpella, invita ad un dialogo.
"I presunti errori", "La trasparenza", "Le sproporzioni" di disegni nei quali ogni lato del foglio ha una propria linea di base, ogni prospettiva è significazione, ogni segno esprime un gesto ed un moto che è anche dell’anima, se indugiamo nel loro incontro con disponibile sospensione di giudizio, ci permettono di comprendere queste meraviglie inspiegabili e sbagliate come una riunione di proposte inventive, di modalità abitative del quotidiano tra le tante possibili, cui siamo chiamati a partecipare con ulteriori proposte, vedute, oltre l’invadenza del senso comune. Il disegno è come una fotografia dell'investimento affettivo del bambino che racconta di un processo compositivo non dissimile da quello adottato da tutta l'arte moderna adulta; e con lo stesso valore, se non accresciuto dalla tenera età di artisti di un mondo che si accingono a costruire.

Il mercato, Gaetano Catalano, 13 anni, 1964. Archivio storico Indire, fondo materiali scolasticiNel contesto di un incontro di epoche e di culture, attraverso la cauta giustapposizione di questi disegni, l’iniziativa si propone l’intento e l’impegno di convocare l’attenzione anche sulle loro tecniche esecutive. Queste costituiscono sia un elemento di confronto tra tradizioni e conoscenze diverse, sia uno strumento di lettura per comprendere le istanze sottese alle distinte pratiche educative e didattiche offerte ai bambini.
la mostra vuole essere di stimolo per una ripresa di attenzione nei confronti del disegno infantile, nella sua autonoma dignità e nel laborioso intreccio che presenta fra ricerca espressiva e apprendimento di tecniche e codici. Un’attenzione che in Italia, dagli anni Settanta si era venuta affievolendo fino a spengersi, esprimendosi eventualmente a proposito di eventi e temi sui quali il disegno infantile veniva chiamato a suffragare tesi proprie degli adulti. La conoscenza delle importanti raccolte presenti in Italia, il cui patrimonio, nonché le motivazioni e i criteri in base a cui sono state costituite, sono poco noti o del tutto sconosciuti al pubblico, rappresenta un essenziale contributo alla ripresa di questa attenzione.

 

“In natura si possono incontrare molte cose strane: una patata che assomiglia alla zia Carolina, un pesce volante, un sasso a forma di cuore, una radice a forma di figura umana, un fiore con la bocca, un vitello con due teste…

La gente dice che questo è la fantasia della natura” (Bruno Munari).

 


 

 
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