di Carmen Pontieri
28 Febbraio 2005
La Vostra scuola, come dice il nome stesso, si caratterizza per un volontario coinvolgimento delle famiglie nel percorso formativo dello studente. Può chiarirci quali sono le ragioni di questa scelta e gli obiettivi che grazie ad essa pensate di raggiungere?
Il nome Faes (FAmiglia E Scuola) a cui Lei fa riferimento è quello di un’Associazione, nata a Milano nel 1974, per iniziativa di un gruppo di genitori che avevano cominciato a seguire e a diffondere l’esperienza di corsi di Orientamento familiare maturando poi la decisione di fondare delle scuole, che mantenessero una forte unità di obiettivi educativi con la famiglia e che fossero di sostegno ai genitori nel loro compito. Nacquero così i primi due Centri scolastici, a Milano, poi l’esperienza si diffuse in tutta Italia ed attualmente seguono il nostro sistema educativo 14 centri scolastici in 7 città (oltre a Milano, a Verona, Bologna, Roma, Bari, Napoli e Palermo).
La partecipazione dei genitori è quindi all’origine delle nostre scuole, il cui sistema educativo si propone l’educazione della persona, cioè lo sviluppo integrale delle caratteristiche ed abilità di ciascun alunno. La situazione delle famiglie in questi trent’anni si è fatta ancora più complessa, a causa di mutamenti sociali significativi e di una cultura non sempre favorevole alla famiglia stessa. In particolare, vorrei sottolineare due aspetti: il tempo assai scarso che spesso entrambi i genitori riescono a dedicare ai figli e che rende più difficili le dinamiche familiari, producendo un atteggiamento di delega nei confronti della scuola e degli insegnanti, che dovrebbero trasformarsi, di volta in volta, in baby-sitters, animatori del tempo libero, psicologi, assistenti sociali e quant’altro; e la crisi del concetto di autorità che favorisce un clima di opposizione, in quanto da una parte i genitori difendono i figli ed hanno una esagerata aspettativa sui loro risultati, ma temono lo sforzo che questi richiedono, dall’altra gli insegnanti rischiano di chiudersi in una esagerata, sia pure comprensibile, posizione di difesa della propria professionalità. E’ necessario quindi più che mai un sostegno reale per far riscoprire a molti le appassionanti avventure del “far famiglia” e dell’educazione di ciascun figlio: nel Sistema educativo Faes ciò si realizza prevalentemente attraverso la relazione con il docente-tutor, le attività formative per i genitori, lo scambio di esperienze tra famiglie ed il clima di amicizia tra i genitori delle varie classi.
Il primo canale di contatto tra le nostre scuole e la famiglia è il docente tutor, che, attraverso l’osservazione ed i colloqui periodici con l’alunno e la famiglia, ne orienta il percorso personale e professionale in stretta collaborazione con gli altri docenti. Il docente tutor si incontra periodicamente con ogni alunno a lui affidato ed insieme affrontano le tematiche relative allo studio (le sue modalità specifiche e metodologie di apprendimento, l’organizzazione del tempo e del lavoro, le difficoltà in alcune materie e le esigenze di approfondimento in altre), all’ambiente scolastico e familiare e a tutti gli altri aspetti della sua giornata, con l’obiettivo di orientare ad una resa più soddisfacente non solo negli studi, ma anche in ogni aspetto della vita. Gli appuntamenti col tutor consentono poi ai genitori di verificare quale sia la partecipazione del figlio alla vita scolastica, il suo interesse, il suo impegno, la sua accettazione dei limiti da superare e dei punti di forza su cui fare leva, la sua capacità di collaborare e di essere solidale con i compagni; nello stesso tempo, questi incontri permettono al tutor di conoscere il ragazzo nella sua realtà familiare e sociale. Il rendimento diventa quindi una voce significativa dell’incontro solo se rapportato agli altri indicatori, altrimenti si ridurrebbe ad una mera misurazione di prestazioni, ed il colloquio tutoriale mira a recuperare la dimensione della qualità del lavoro scolastico accanto alla più nota dimensione quantitativa rappresentata dal giudizio o dal voto e a costruire un’unità di obiettivi e strategie educative tra i genitori e la scuola. Il tutor trasmette poi questi obiettivi e strategie concordati a tutto il consiglio di classe, perché ogni momento dell’attività scolastica contribuisca al loro raggiungimento.
La scuola garantisce alle famiglie un’informazione frequente sulle attività scolastiche attraverso incontri istituzionali con tutti gli insegnanti, gli incontri di informazione didattica. Tali incontri non hanno lo scopo di fornire solo dati, bensì di rendere partecipi i genitori del percorso educativo che la scuola porta avanti tramite i contenuti culturali delle differenti discipline, in modo che essi possano seguire il percorso dei loro figli, aggiornandosi e crescendo insieme a loro. Inoltre la scuola facilita e stimola, in linea con i suoi intenti, l’impegno dei genitori come educatori, offrendo occasioni di formazione ed approfondimento e aiutandoli a scoprire le loro possibilità educative. A tal fine promuove sessioni di educazione familiare, corsi, conferenze, ecc. Una specificità delle nostre scuole è anche il clima di amicizia e di collaborazione che, grazie al lavoro di alcuni genitori incaricati espressamente di favorirlo, si viene a creare tra le famiglie e che consente anche lo scambio di esperienze educative tra genitori di coetanei.
Un altro aspetto sottolineato dai Vostri programmi scolastici è l’autonomia di insegnamento e che questo sappia rivolgersi anche al futuro. Le chiediamo una valutazione dei cambiamenti oggi più significativi che coinvolgono il mondo della scuola e degli strumenti operativi utili a comprenderli e governarli.
La Riforma scolastica attuata con la legge 53/03 presenta molti punti di contatto con il nostro Sistema educativo, perciò abbiamo già maturato una discreta esperienza che ci facilita la piena realizzazione della legge stessa.
Proprio a causa di questa esperienza, mi sembra che lo strumento-principe per una concreta attuazione della legge debba essere la collegialità del lavoro dei docenti, elemento necessario perché ci sia nella scuola un progetto educativo forte e condiviso, senza il quale non si realizza quell’unità di obiettivi formativi nell’educazione personalizzata dell’alunno, che la Riforma prevede; anche gli strumenti più concreti, che in questo momento appaiono come gli aspetti più significativi dei nuovi ordinamenti, ad esempio i Piani di studio personalizzati, le Unità di apprendimento e il Portfolio, non potranno essere realizzati senza un lavoro comune dei docenti, in collaborazione con il docente coordinatore. Si richiede quindi un grosso sforzo da parte degli insegnanti, che devono necessariamente essere sostenuti da un impegno formativo per i nuovi compiti a cui sono chiamati. La formulazione di un piano educativo comune deve necessariamente andare unita alla libertà di scelta da parte delle famiglie, che devono diventare sempre di più le protagoniste nell’educazione dei figli, come peraltro la Legge 53/03 prevede espressamente.
Gli studenti sono i soggetti a cui si rivolge l’attività didattica: vorremmo sapere come di solito accolgono il Vostro regolamento e organizzazione e quali sono, per la Vostra esperienza, i loro principali bisogni a Scuola.
Ci proponiamo che i nostri alunni siano i protagonisti del proprio percorso di apprendimento e soprattutto di crescita, naturalmente in modo proporzionale alla loro età. Per questo, anch’essi partecipano all’elaborazione degli obiettivi educativi nel corso dei colloqui con il docente tutor e ne verificano il percorso. Inoltre li rendiamo partecipi delle necessità organizzative della scuola: ognuno di loro ha in classe un incarico prestabilito, collaborano alle giornate di Scuola aperta e alle attività culturali per il pubblico (incontri, conferenze, ecc.), spesso i più grandi aiutano i più piccoli con difficoltà scolastiche, oppure coadiuvano gli insegnanti delle elementari nell’accompagnamento a visite culturali e gite. Un'altra esperienza interessante è quella dell’incaricato del giorno, un alunno che per un giorno intero è a disposizione della Segreteria della scuola per piccoli servizi, accoglienza dei visitatori esterni ecc. Questa attività da un lato permette ai più grandi di vedere da un’altra prospettiva il lavoro che si svolge all’interno della scuola e l’utilità di quei servizi che passano a volte inosservati, ma sono importanti per il buon andamento di un’organizzazione, dall’altro mette in luce capacità e attitudini che possono restare nascoste in ambito scolastico.
Probabilmente è questo un grande bisogno degli alunni: quello di essere coinvolti, sia nel proprio personale percorso di crescita, che da un punto di vista pratico, non come meri fruitori di un servizio o spettatori, ma anche come collaboratori e protagonisti: questo li aiuta anche a fare propri quegli aspetti di normativa, che a volte diventano difficili da accettare, se non se ne conoscono le motivazioni.
Uno dei luoghi comuni evocati dalla scuola privata è che la composizione delle sue classi sia fatta di alunni privilegiati, appartenenti alle classi sociali più abbienti; può descriverci qual è la Vostra situazione e che rapporto si è venuto stabilendo con le altre scuole, private e pubbliche, se di competizione, di indifferenza oppure di reciproco arricchimento?
Le scuole dell’Associazione Faes hanno sempre cercato di aiutare e sostenere le famiglie anche da un punto di vista economico, perché hanno sempre voluto rivolgersi a tutte le classi sociali: questo richiede un grosso sforzo, perché l’unico sostegno economico per le nostre scuole sono tuttora soltanto le rette degli alunni, come del resto avviene per tutte le scuole paritarie in Italia. Recentemente abbiamo pubblicato un libro di testimonianze, in occasione del Trentennale delle nostre scuole, in cui la prima direttrice del Centro scolastico Monforte di Milano racconta un episodio avvenuto durante gli esami esterni della prima I media, necessari per ottenere il riconoscimento legale della scuola. Una commissaria un po’ prevenuta disse ad una bambina che l’esame «andava bene, che già…la nostra era una scuola di ricchi. “io” conclude [la bambina] “le ho risposto che non sapevo se era così, né mi interessava”. Poi ha aggiunto “le ho detto che il mio papà faceva il portinaio, la mia mamma lavorava a ore da una signora che pagava la mia retta”». Le cose continuano ad andare così: diverse provenienze sociali, molta solidarietà e la possibilità, laddove necessario, di rette agevolate, che vengono coperte da un costante lavoro di ricerca di fondi e donativi. Le nostre scuole rispecchiano i mutamenti della società e la realtà della nuova immigrazione, sono quindi presenti anche alunni provenienti da diverse parti del mondo (Sud-America, Filippine, etc), i cui genitori fanno grossi sacrifici per assicurare ai figli una formazione adeguata alla nuova situazione in cui si troveranno a vivere. Certo, un grosso passo avanti è stato registrato in quelle Regioni, Lombardia, Sicilia e Veneto, che hanno concesso, sia pur in diversa misura, il buono scuola alle famiglie, un provvedimento che le scuole del Faes hanno sempre sostenuto e per il quale si sono adoperate, perché lo considerano un reale sostegno alla libertà di scelta educativa per le famiglie.
Per quanto riguarda il rapporto con altre scuole, l’Associazione Faes è già di per sé una rete diffusa in tutta Italia: questa realtà consente lo scambio di esperienze educative, attività in comune tra alunni di diverse città e corsi di formazione organizzati per i docenti di tutte le scuole Faes. Inoltre ci impegniamo a partecipare a progetti con altre scuole delle rispettive città: cito fra tutti, perché ha recentemente coinvolto in primissimo piano il Centro scolastico Monforte, dove lavoro, il “Progetto Pinocchio”, del CSA di Milano, che ha interessato 31 scuole della nostra Provincia nell’elaborazione di un Musical, con il sostegno del NABA e della Compagnia della Rancia. Inoltre abbiamo diversi contatti con istituzioni educative di altri paesi, che hanno permesso a diverse delle nostre scuole la partecipazione, tra gli altri, al Progetto Comenius. Particolarmente significativa è anche l’esperienza di un periodo di studi di alcuni dei nostri alunni presso alcune scuole di Dublino, coordinate dal Centro Rockbrook International. E’ un progetto particolarmente interessante, perché non si tratta del solito corso di lingue all’estero, ma della frequenza regolare in una classe di coetanei irlandesi, vivendo nella famiglia di uno dei nuovi compagni di classe.
Intervista e editing a cura di Francesco Vettori, Comunicazione Indire
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