di Vanna Boffo
08 Marzo 2005
Attualmente, il tema della comunicazione familiare si
impone come un’emergenza educativa e culturale di fronte alla quale si
dispongono le possibilità di genitori e figli di costruire, congiuntamente,
un percorso di formazione reciproca. L’elaborazione di un progetto di vita
familiare transita per la capacità dei genitori di impegnarsi nella comprensione
della centralità della comunicazione per accogliere la nascita,
la crescita, lo sviluppo e la maturità dei propri figli. Comunicare significa
disporsi gli uni verso gli altri, genitori e figli, nella propria casa, nella
quotidianità più intima delle relazioni felici e/o dolorose della vita in
comune.
Oggi la famiglia vive, in contesti privati e separati socialmente, un
isolamento istituzionale ed educativo che oscura le potenzialità di guida e
orientamento proprie di ogni rapporto genitore-figlio. Allora, la presenza e la
qualità della comunicazione educativa sono vettori determinanti della
progettualità esistenziale e personale del singolo individuo, come della
comunità, che ogni matrice familiare dovrebbe eticamente costituire.
Uno dei modi più peculiari, attraverso cui leggere la comunicazione è la
pratica della conversazione. Tale attività trattiene, da
sempre, un alto valore formativo. La conversazione, negli studi di storia delle
idee, ha rappresentato il mezzo del libero scambio della parola, ha manifestato
il carattere sociale dell’attività umana del vivere insieme, attraverso
l’offerta argomentata del pensiero che predispone ogni soggetto di fronte a se
stesso e di fronte all’altro-da sé. L’uomo si riconosce nell’altro, e così
facendo riconosce se stesso, attraverso la conversazione, per mezzo del
con-versus, dell’andare, con il mezzo verbale, incontro al proprio
simile e tornarne arricchito dell’esperienza altrui, acquisita tramite l’atto di
parola, di pensiero, manifestato nel linguaggio della quotidianità.
In famiglia si conversa, si attua la pratica del libero e mutuo scambio della
voce e del silenzio per manifestare gli uni agli altri le proprie passioni, i
propri affetti, le proprie intenzioni? Quanta consapevolezza educativa
tras-migra dalle parole dei genitori ai figli e quanta possibilità formativa i
figli attivano in questo reciproco scambio? La parola scambiata in famiglia è
carica di significati condivisi, che devono essere accolti e interpretati perché
i singoli soggetti li possano imparare, esercitare, sentire e, di nuovo,
progettare. Nella conversazione familiare genitori e figli possono elaborare un
progetto di vita dove la solidarietà, la lealtà, la giustizia innervano la
relazione familiare e conducono a sostenere la creazione di una comunità di
affetti e di pratiche dell’esistenza, che manifestano
il fine del coltivar-si all’umanità.
Come può la conversazione familiare trattenere questo
elevato contenuto formativo, maieuticamente esprimendo la dimensione più vera
della costruzione della persona umana nelle pieghe degli atteggiamenti e delle
azioni più inconsapevoli e dunque più disposte alla manifestazione del sé
all’altro? La conversazione deve farsi ascolto profondo,
sentito, dialogato, autentico. L’esercizio di questo ascolto quotidiano
significa disporre i genitori all’accoglienza dei figli, sempre. La
manifestazione dell’autenticità di sé, attraverso l’apertura dell’ascolto
dell’altro, significa imparare, quotidianamente, ad accogliere il limite
connaturato alla diversità dell’uomo nei confronti dell’altro uomo. La
parola scambiata e ascoltata, così come l’azione presentata e condivisa, può
essere compresa solamente attraverso un esercizio costante di attenzione
all’altro.
Dunque nella conversazione familiare il dialogo, l’ascolto e l’attenzione
sono i mezzi attraverso cui i genitori e i figli, reciprocamente, mettono in
atto una donazione condivisa di forme-di-vita. Il progetto
comune, eticamente connotato, emerge dalla disposizione a sperimentare e ad
imparare, quotidianamente, l’essere gli uni verso gli altri.
Tuttavia tale progetto non è dato una volta per tutte e
nemmeno può essere genericamente ricercato nella società. Deve essere
costantemente costruito e ri-vissuto tramite un esercizio assiduo di conoscenza
personale che i genitori attueranno nell’educazione dei figli e i
figli consegneranno ai genitori attraverso la circolarità del
dialogo, della parola, dell’ascolto imparato, ma anche
rifiutato negli stadi della crescita evolutiva e poi ri-appreso e fatto
autenticamente proprio. Il dialogo, l’ascolto e l’attenzione all’altro sono i
mezzi conversazionali e comunicativi di una formazione umana che apre il
soggetto/individuo/persona a costruire la comunità dei parlanti. Nelle pieghe
della parola donata, scambiata, ricevuta si situa la disposizione ad una
socialità, ad una discrezione, ad una gratitudine che possono divenire le
caratteristiche della ricerca di una qualità della conversazione e dunque della
comunicazione familiare. Il percorso che chiama genitori e figli a praticare e
interpretare il progetto della propria vita è complesso. Gli adulti/genitori
devono consegnare ai propri figli il senso e il significato del nostro
essere-nel-mondo. Formare alla conversazione è aver cura dell’attuazione di
questo compito. Non possiamo permettere che la deriva del consumo
dell’esistenza nasconda con il rumore l’ascolto, con la superficialità
l’attenzione, con la banalità della chiacchiera il dialogo
autentico.
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