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DISABILITA'

Insegnamento di sostegno: se è poco...

Pietro Moretti dell'Istituto comprensivo Sandro Pertini di Ovada: tecnologie, laboratori e tanta disponibilità

di Francesco Vettori
22 Marzo 2005

Può parlarci  della sua personale esperienza di insegnante di sostegno, che si avvale di nuove tecnologie per l’integrazione?

Le tecnologie informatiche e telematiche sono una preziosa risorsa per l’insegnante di sostegno, con qualsiasi tipo di disabilità ci si trovi ad operare.:Banca Dati Dia
Occorre una premessa imprescindibile: la figura professionale dell’insegnante di sostegno deve trasformarsi profondamente.
Da un ruolo rivolto quasi esclusivamente allo stimolare l’apprendimento nell’alunno disabile, occorre assumere un ruolo educativo a 360 gradi, capace cioè di intervenire anche sull’autonomia e la comunicazione.
Un professionista dell’educazione che sappia intrecciare nel suo intervento autonomia, comunicazione e apprendimento: solo così si potrà incidere profondamente nei processi cognitivi dell’alunno e svilupparne i momenti di integrazione. Le TIC, in  questo contesto, vengono poste come quotidianità, sfondo integratore, strumento ma anche linguaggio e canale comunicativo.
Occorre uscire dalla sola gestione di software specialistico (sempre utile) per addentrarci in un uso trasversale del computer rispetto alle varie attività.
Dall’inizio degli anni ’90, da quando abbiamo avviato l’esperienza del computer con i disabili ad Ovada, ci sono stati importanti e concreti effetti sulla  vita di tanti ragazzi.

Dall’esperienza del Centro Nuove Tecnologie Hanna sembra emergere un percorso che porta al Laboratorio: può chiarirci le ragioni di questa scelta?

A scanso di equivoci ribadisco che i laboratori che stiamo conducendo non vogliono in alcun modo essere luoghi di separazione, di ghettizzazione. C’è sempre molta attenzione agli altri, all’ambiente scolastico, alla società.
L’esperienza ci ha indotto  a formare laboratori omogenei per tipologia di disabilità:

  • paralizzati
  • down
  • psicotici  e autistici
  • epilettici gravi


E’ quasi una richiesta che proviene  da molti degli stessi utenti. Al tempo stesso consente di attivare dinamiche di gruppo assai utili, che vanno ben oltre il solo intervento individualizzato. Questo è uno dei motivi che stanno alla base dei laboratori, insieme a quello di gestire le TIC anche per una quantità di tempo e di persone maggiori.
La quantità è altrettanto importante della qualità, se si vogliono ottenere risultati stabili.
C’è poi la necessità di “passare” conoscenze ad altri operatori, in un’attività non facile: il laboratorio consente una pratica comune, che può considerarsi la via maestra per l’autoformazione degli operatori .

Quali suggerimenti didattici pensa possano nascere per chi lavora in condizioni ordinarie da chi abituato a operare con persone disabili gravi?

Dai gravi c’è molto da imparare a saperli osservare ed ascoltare nel tempo, evitando qualsiasi tipo di pietismo. Più che “suggerimenti” credo vengano da loro vere e proprie richieste di “rivoluzione” a livello pedagogico:Banca Dati Dia

  • ho detto prima della nuova figura di insegnante a tutto campo che ci richiedono, con la ridefinizione della  nostra professionalità ;
  • ci indicano una pedagogia che  valorizzi tutti i linguaggi e i canali comunicativi, abbandonando il dominio quasi assoluto della scrittura e della lettura per trovare sintesi nuove;
  • ci chiedono una grande attenzione alla motivazione, alla relazione, a tutte le valenze psicologiche della scuola.


Se è poco ...

Può darci una Sua valutazione su atteggiamenti e aspettative dei disabili nei confronti della Scuola?

Le aspettative sono molto grandi, sia nei disabili che nei loro genitori. Questo accresce la rilevanza e la responsabilità del nostro intervento.
Le aspettative variano rispetto alle tipologie di disabilità, variano da soggetto a soggetto: ci si aspetta spesso dalla scuola quel “di più” che non si trova da altre parti e che credo si possa sintetizzare nella “forza del gruppo”. Il gruppo, “gli altri” sono proprio la grande risorsa che la scuola ha e che deve spendere con intelligenza ed entusiasmo.
Vorrei citare un ragazzo con una grave psicosi disintegrativa della sua personalità che è stato da noi sei anni : ha iniziato con un orario settimanale ridotto di 18 ore per concludere al sesto anno con la presenza a scuola per 42 ore.  Suo commento: “Mettiamo un lettino per dormire qui, stiamo anche la domenica”.

 

 
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