di Francesco Vettori
22 Marzo 2005
Può parlarci della sua personale esperienza di insegnante di
sostegno, che si avvale di nuove tecnologie per l’integrazione?
Le tecnologie informatiche e telematiche sono una preziosa risorsa per
l’insegnante di sostegno, con qualsiasi tipo di disabilità ci si trovi ad
operare.: Occorre una premessa imprescindibile: la figura
professionale dell’insegnante di sostegno deve trasformarsi profondamente. Da
un ruolo rivolto quasi esclusivamente allo stimolare l’apprendimento
nell’alunno disabile, occorre assumere un ruolo educativo a 360 gradi, capace
cioè di intervenire anche sull’autonomia e la comunicazione. Un
professionista dell’educazione che sappia intrecciare nel suo intervento
autonomia, comunicazione e apprendimento: solo così si potrà
incidere profondamente nei processi cognitivi dell’alunno e svilupparne i
momenti di integrazione. Le TIC, in questo contesto,
vengono poste come quotidianità, sfondo integratore, strumento
ma anche linguaggio e canale comunicativo. Occorre uscire dalla sola gestione
di software specialistico (sempre utile) per addentrarci in un uso
trasversale del computer rispetto alle varie attività. Dall’inizio
degli anni ’90, da quando abbiamo avviato l’esperienza del computer con i
disabili ad Ovada, ci sono stati importanti e concreti effetti sulla vita
di tanti ragazzi.
Dall’esperienza del Centro Nuove Tecnologie Hanna sembra emergere un
percorso che porta al Laboratorio: può chiarirci le ragioni di questa
scelta?
A scanso di equivoci ribadisco che i laboratori che stiamo conducendo non
vogliono in alcun modo essere luoghi di separazione, di ghettizzazione. C’è
sempre molta attenzione agli altri, all’ambiente scolastico, alla
società. L’esperienza ci ha indotto a formare laboratori omogenei per
tipologia di disabilità:
- paralizzati
- down
- psicotici e autistici
- epilettici gravi
E’ quasi una richiesta che proviene da molti degli stessi utenti.
Al tempo stesso consente di attivare dinamiche di gruppo assai
utili, che vanno ben oltre il solo intervento individualizzato. Questo
è uno dei motivi che stanno alla base dei laboratori, insieme a quello di
gestire le TIC anche per una quantità di tempo e di persone
maggiori. La quantità è altrettanto importante della
qualità, se si vogliono ottenere risultati stabili. C’è poi la
necessità di “passare” conoscenze ad altri operatori, in un’attività non facile:
il laboratorio consente una pratica comune, che può
considerarsi la via maestra per l’autoformazione degli
operatori .
Quali suggerimenti didattici pensa possano nascere per chi lavora in
condizioni ordinarie da chi abituato a operare con persone disabili
gravi?
Dai gravi c’è molto da imparare a saperli osservare ed ascoltare nel tempo,
evitando qualsiasi tipo di pietismo. Più che “suggerimenti” credo vengano da
loro vere e proprie richieste di “rivoluzione” a livello pedagogico:
- ho detto prima della nuova figura di insegnante a tutto campo che ci
richiedono, con la ridefinizione della nostra professionalità ;
- ci indicano una pedagogia che valorizzi tutti i
linguaggi e i canali comunicativi, abbandonando il dominio
quasi assoluto della scrittura e della lettura per trovare sintesi
nuove;
- ci chiedono una grande attenzione alla motivazione, alla relazione, a tutte
le valenze psicologiche della scuola.
Se è poco ...
Può darci una Sua valutazione su atteggiamenti e aspettative dei disabili
nei confronti della Scuola?
Le aspettative sono molto grandi, sia nei disabili che nei loro genitori.
Questo accresce la rilevanza e la responsabilità del nostro intervento. Le
aspettative variano rispetto alle tipologie di disabilità, variano da soggetto a
soggetto: ci si aspetta spesso dalla scuola quel “di più” che non si trova da
altre parti e che credo si possa sintetizzare nella “forza del gruppo”. Il
gruppo, “gli altri” sono proprio la grande risorsa che la scuola
ha e che deve spendere con intelligenza ed entusiasmo. Vorrei citare
un ragazzo con una grave psicosi disintegrativa della sua personalità che è
stato da noi sei anni : ha iniziato con un orario settimanale ridotto di 18 ore
per concludere al sesto anno con la presenza a scuola per 42 ore. Suo
commento: “Mettiamo un lettino per dormire qui, stiamo anche la domenica”.
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