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DISABILITA'

Affrontare la disabilità: un'occasione per tutti

Intervista a Flavio Fogarolo, esperto di nuove tecnologie e disabilità e collaboratore del progetto Handitecno

di Chiara Paganuzzi
13 Ottobre 2006

Lei è stato tra gli ideatori del progetto del Ministero dell'Istruzione “Nuove tecnologie e disabilità”, innovativo ed ambizioso. Quali sono stati i suoi principi ispiratori?

Operativamente il progettBanca Dati DIA, Indireo è stato sviluppato da un gruppo di lavoro attivato presso la Direzione Generale per lo Studente, ma occorre ricordare che tutto nasce da un finanziamento straordinario del Dipartimento per l'Innovazione della presidenza del consiglio e dello stesso Ministero dell'Istruzione.
Il progetto mira a intervenire proprio sui fattori di criticità attraverso l'organizzazione di un efficace supporto alle scuole, a livello centrale e territoriale, e una ricerca mirata per risolvere i problemi tecnici-didattici ancora insoluti o troppo poco considerati.
Il progetto è probabilmente ambizioso, ma gli obiettivi vanno rapportati all'ammontare dell'investimento che in questo caso è di 6 milioni di euro. Una risorsa considerevole, e straordinaria, dalla quale penso sia giusto attenderci risultati adeguati.


E’ molto tempo che si occupa di tecnologie assistive e didattica e come ha cominciato a occuparsene?

Ho cominciato negli anni ’80; facevo l’insegnante di sostegno ed ero affascinato dalle potenzialità di queste tecnologie che cercavo di applicare al mio lavoro. Cosa davvero ardua perché il mercato offriva allora poche soluzioni, quasi tutte ben al di sopra delle possibilità di acquisto delle scuole. Le cose sono migliorate con la Legge 104 del 1992 che ha cominciato ad assegnare i primi preziosi finanziamenti per l’integrazione. In quegli anni mi è  stato offerto di gestire un servizio di consulenza provinciale, chiamato "Handicap e computer", per conto del Provveditorato agli Studi di Vicenza; è stata un’esperienza preziosa perché ho potuto seguire dal vivo, recandomi nelle scuole e lavorando a stretto contatto con gli insegnanti, numerosi casi diversi tra loro. 


Come si presentava in questo settore la realtà scolastica italiana e qual è lo stato dell’arte oggi?

È una situazione molto disomogenea, dove convivono realtà vivaci ed evolute, sotto tutti i punti di vista, con altre decisamente arretrate. E questo a volte anche in una stessa provincia o in scuole vicine. L'acquisto delle tecnologie non è in genere un problema insormontabile; ci sono diversi canali di finanziamento e, se la famiglia e la scuola si attivano correttamente, con il tempo tutti i ragazzi possono avere le attrezzature di cui hanno bisogno.

Assai più difficile è creare le conFlavio Fogarolodizioni perché esse vengano usate in modo completo ed efficace in tutte le attività scolastiche
, diventando davvero strumenti a supporto dell'integrazione. Servono competenze tecniche specifiche, che in genere gli insegnanti inizialmente non hanno, e la capacità di personalizzare il percorso didattico anche attraverso il mezzo informatico, piegandolo alle esigenze dell’alunno.
Anche i prodotti offerti dal mercato non sono sempre adeguati ai bisogni della scuola. Le tecnologie assistive consentono ai disabili di usare autonomamente il computer, ma per noi il problema è a monte: è davvero difficile eseguire con il computer (per tutti, non solo per i disabili) molte delle attività che si svolgono quotidianamente a scuola con carta e penna. Pensiamo al disegno, alla gestione di grafici, agli stessi questionari di valutazione che spesso richiedono di sottolineare, cancellare, cerchiare, collegare con frecce e quant'altro. Sono spesso operazioni in sé banali ma che diventano complesse, se non proibitive, se anziché la penna si devono usare tastiera o mouse.

La matematica è forse il caso più esemplare: non mancano programmi che consentono di scrivere espressioni ma i nostri ragazzi oltre che scriverle devono anche risolverle e quindi manipolarle per semplificare, spostare termini, eseguire calcoli parziali ecc. e con questi programmi si trovano in enorme difficoltà. Da alcuni anni sto collaborando ad un progetto europeo (LAMBDA) che si occupa di matematica per studenti ciechi ed è arrivato a fornire per loro una risposta abbastanza soddisfacente, ma mancano ancora soluzioni davvero efficaci sia per gli ipovedenti che per i disabili motori.
Alcuni di questi problemi sono strettamente legati alla pratica dell'integrazione scolastica e sono quindi meno sentiti in altri paesi, europei e non, che preferiscono in molti casi l'istruzione nelle scuole specializzate. Anche per questo motivo non è facile trovare soluzioni valide nel mercato degli ausili e del software didattico.


Quali sono le esigenze più evidenti della scuola italiana in materia di nuove tecnologie e disabilità?

Innanzitutto quella di garantire ad ogni studente che ha bisogno di questi strumenti di poterli veramente usare, in modo efficace, qualsiasi sia la scuola che frequenta. Per alcuni tipi di disabilità oggi le tecnologie sono indispensabili per l'autonomia scolastica dell'alunno e il loro uso va quindi considerato come un requisito minimo di qualità della loro istruzione e formazione, un vero e proprio “diritto” dello studente. Occorre mettere le scuole - tutte le scuole! - nella condizione di poterlo fare davvero, offrendo nel territorio un supporto tecnico e didattico e investendo nella formazione.
Altro aspetto problematico, evidenziato maggiormente negli ultimi anni, è la partecipazione degli alunni disabili alle attività informatiche della classe, in laboratorio assieme ai compagni. Sono momenti i cui è difficile coinvolgere tutti nelle attività, a volte per i contenuti ma spesso per "banali",  si fa per dire, problemi tecnici di accessibilità. L'accessibilità del software usato nelle scuole è infatti un altro punto critico e incide, oltre che nelle attività comuni con i compagni, anche nella normale pratica scolastica degli alunni che usano il computer come strumento di lavoro e che fanno ancora fatica a trovare, ad esempio, un dizionario o  un'enciclopedia adatto ai loro sistemi di accesso. 


Qual è il cambiamento che questo progetto intende promuovere e quale scenario apre?

Probabilmente l'aspetto più innovativo è il sostegno alla creazione di una rete di centri territoriali di supporto in grado di sostenere le scuole nell'uso delle tecnologie per l'integrazione. Il progetto prevede per ciascun centro un finanziamento per l'acquisto della dotazione iniziale e per organizzare attività di consulenza e formazione nel territorio, nonché la  preparazione di due operatori attraverso un impegnativo percorso di formazione misto, residenziale e online.
L'obiettivo è quello di fornire ad ogni scuola d'Italia un servizio di supporto qualificato a livello locale, in grado di aiutare gli operatori scolastici e le famiglie nelle scelte iniziali e sostenerli nei successivi passaggi.
Si parte mediamente con un Centro per provincia; un compromesso ragionevole tra la necessità di organizzare un servizio davvero territoriale e la preoccupazione di non disperdere le risorse e di puntare ad un servizio qualificato e professionale.
A livello nazionale viene  potenziato il servizio che già l'Indire svolge da alcuni anni con il portale Handitecno: consulenza a distanza, raccolta sistematica di informazioni, notizie sulle novità del settore.


Quali sono i punti forti e quelli deboli del progetto?

E’ un progetto che mette sul campo risorse considerevoli per affrontare un problema realmente sentito dalle scuole, valorizzando professionalità e competenze spesso trascurate. Già i primi incontri di formazione degli operatori hanno visto la partecipazione di persone estremamente motivate, consapevoli delle difficoltà ma contente di raccogliere questa sfida.
Le persone coinvolte saranno, mi auguro,il principale punto forte del progetto. 
Per altro verso, il progetto vuol far nascere una struttura di supporto permanente con un finanziamento a termine. Questa può essere vista come una contraddizione, oltre che un punto debole.
Ma un intervento così impegnativo ed economicamente  importante deve necessariamente prevedere un risultato che vada oltre i suoi specifici limiti temporali, anche se questo può essere difficile da realizzare ovunque. Come vivranno i centri territoriali alla conclusione del progetto? Chi gestirà le strutture nazionali di coordinamento e di supporto? Il progetto individua o suggerisce dei percorsi futuri ma non può fornire risposte categoriche che andrebbero evidentemente oltre le competenze in campo.
Per i centri territoriali, fondamentale è la presa in carico da parte della scuola locale. I centri nascono non perché l’ha chiesto la Direzione Generale per lo Studente del Ministero, ma perché la scuola locale ha condiviso un bisogno e ha colto l’occasione che veniva offerta.
Se è davvero così, la continuità non credo sarà un problema, altrimenti tutto sarà certamente più difficile.




 


 

 

 
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