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STRATEGIE COMUNICATIVE

"Condividere allo stesso modo" in una prospettiva storica

Come emergono le relazioni mutevoli tra testi società e legislazione

di Giovanni Nulli
09 Gennaio 2008

Il rapporto tra la tecnologia (intesa come gli aspetti tecnico produttivi), le normative (intese come le regole codificate, più o meno scritte, ma generalmente soggette a sanzione), e le forme testuali (intese come somma del testo in quanto enunciato, e delle istanze di enunciazione) è ciò che ha portato alla nascita di fenomeni tipici della nostra società come l’informatizzazione. È per tanto utile indagare come queste tre categorie si sono influenzate reciprocamente nel corso del tempo. Si pensi ad esempio come la forma testuale della tragedia greca ha influenzato la polis, che includeva tra i suoi edifici pubblici il teatro, regolarmente costruito in tutte le città. Si pensi anche a come la tecnologia della scrittura in epoca latina abbia influenzato la forma del testo: l’Eneide è composta in dodici libri la lunghezza dei quali corrispondeva a quanto si riusciva ad ottenere con i rotoli di papiro.

Con il declino e la caduta dell’impero romano la produzione culturale scritta propriamente detta diminuisce fino a scomparire, invece la tecnologia per scrivere stava già affermando un nuovo oggetto, il codice. Mentre i monaci nelle abbazie copiavano ciò che era stato già prodotto, assicurando che fosse così trasmesso, fuori di esse si trasformava in cultura orale (molto simile nelle forme e nelle modalità trasmissive a quella preomerica tipica del periodo miceneo) che diffondeva ed esaltava il pensiero cristiano: agiografie e chanson de geste diventarono, nei secoli successivi, la materia letteraria per le nuove lingue volgari.
I libri, merce rara, erano di proprietà delle abbazie che li custodivano e li curavano, e che per tanto diventavano fonte di prestigio intellettuale e di potere politico. Nel tempo si costituisce una classe di persone, prevalentemente chierici, ma anche laici, che dedicano la loro vita allo studio e nel XII secolo nascono le prime università.

Dopo un primo periodo di sviluppo di tali istituzioni, tanto i sovrani quanto le città comunali imposero un controllo sulle nascenti università: veniva riconosciuta questa nuova istituzione attraverso la sua regolamentazione e prendeva forma l’idea di intellettuale. La riforma di Lutero fu possibile grazie a Gutenberg, che permise la diffusione della Bibbia al di fuori delle degli edifici ecclesiastici, così da limitare l’interpretazione di un organo ufficiale come la Chiesa. La possibilità di meccanizzare la copia di un’opera ha ridefinito il rapporto tra autore e possesso della stessa: prima l’autore era stipendiato dal signore di turno, che diventava il proprietario dell’opera. Di questo periodo fanno parte le vicende letterarie e biografiche di Ariosto e Tasso, tutti e due, se pur in modi diversi, tormentati da vicende legate alle commissioni da parte delle corti rinascimentali e papali delle loro opere.

In seguito, la possibilità di produrre molte copie e di fare profitti da queste ha creato un nuovo soggetto, l’editore. La sua entrata in scena ha creato nuove dinamiche da regolamentare come il godimento dei benefici dell'opera e la responsabilità dei problemi eventualmente derivati da parte del suo autore. Nel ‘700 nascono le prime forme di tutela del diritto di autore, che viene sempre più riconosciuto come soggetto autonomo e libero.
Diffondendosi l’alfabetizzazione, si viene a creare un’industria editoriale e soprattutto un pubblico di lettori: nasce in Usa la Penny Press e una prima cultura di massa.

A questo punto, l’idea di un autore singolo, voce unitaria, che gode delle glorie e delle infamie della sua opera sembra ormai compiuta: l’autore in relazione conflittuale o asservito ai sistemi di potere, e quindi in lotta contro le forme legislative o difensore di esse; l’autore fortuna e delizia dell’editore, o alla ricerca di un contratto per vivere, in alcuni casi trovato solo postumo, con grande vantaggio degli eredi; insomma l’autore moderno, figura a cui tutti, all’interno della cultura occidentale, siamo abituati a pensare. Con questo sistema legislativo e culturale nasce e si sviluppa il cinema, e si viene a creare il sistema delle comunicazioni di massa. Dalla fine degli anni Sessanta, per scopi inizialmente militari, si inizia a concepire una struttura di comunicazione a rete, fino a quando nel ’92 a Ginevra si vengono a realizzare i protocolli di rete che consentono al web di funzionare così com’è ora. Quella tecnologia si potè affermare perché in Usa l’allora vice presidente Al Gore favorì con investimenti (la costruzione delle dorsali ad alta velocità) e ricerche (sviluppo tecnico dei protocolli) il suo utilizzo in ambito universitario. L’intervento legislativo di Al Gore, permise l’utilizzo e la diffusione di Internet tra le università americane.

Da parte dei ricercatori si prospettava la possibilità di mettere online, e quindi di pubblicare, i risultati delle proprie ricerche e le loro conclusioni teoriche. In questo modo chiunque apparteneva alla comunità accademica, ma non solo, poteva avere accesso a tali fonti ed utilizzarle come materiale.

Questo fenomeno è cresciuto gradualmente, e gradualmente è entrato in conflitto con la normativa sul diritto di autore (si veda anche Wikipedia per la voce corrispondente), in quanto la normativa su diritto d’autore si applica in automatico a qualsiasi opera di pensiero, a prescindere che un autore la conosca o meno. Altro conflitto sistemico, che questo cambiamento porta, è con la struttura di pubblicazione ormai consolidata: l’editore che necessita di guadagnare dall’opera del pensiero.

Possiamo quindi intendere come le categorie da cui siamo partiti entrino fortemente in conflitto: l'uso di uno strumento tecnologico e una società disposta a farlo, una forma testuale in via di sviluppo, l’ipertesto, che riprende idee già avanzate in maniera pionieristica dai dadaisti con il collage e, nella narrativa, con la tecnica dei flussi di coscienza, e un impedimento di ordine legislativo. Come avviene continuamente per il rapporto delle forme di pensiero con la tecnologia e il sistema legislativo il conflitto si scioglie dialetticamente. 

Prima di vedere come si sta sviluppando la normativa (che è uno dei tre poli in questione), è necessario riprendere la breve panoramica storica per mostrare come società e forme di espressione, aspetti giuridici ed evoluzione culturale si intreccino e si influenzino reciprocamente.
Un approccio storico rischia di essere deformante se lo si legge come unilineare e positivisticamente progressivo, poiché ogni passaggio della storia poco sopra descritta va attentamente valutato: non si è sempre affermata la tecnologia che si riteneva migliore, anzi il giudizio di valore su una tecnologia è sempre dato a posteriori. Si consideri ad esempio la tecnologia del fax inventata nella prima metà dell' ’800: la sua diffusione di massa (almeno come strumento di lavoro) risale a circa un secolo dopo, perché non c’era l’esigenza a livello sociale di una forma di comunicazione testuale immediata a distanza e non esistevano le infrastrutture tecnologiche per supportare tale comunicazione. Non solo, ma quando iniziò ad affermarsi, nei primi anni cinquanta, alcuni pensavano che i giornali sarebbero arrivati direttamente nelle case via fax (vedi la storia del fax su Wikipedia).

Allo stesso modo, la scelta politica di Al Gore di favorire giuridicamente e con investimenti statali la diffusione di quei protocolli che erano stati da poco creati in Svizzera rispose ad un indirizzo politico e non si impose per l’evidenza dell’oggetto tecnologico. L’utilizzo di Internet come strumento, per così dire, di uso comune non era scritto nel dna della tecnologia, ma dato da una visione politica sui media e la società. Questo significa che ogni equilibrio nei rapporti tra tecnologia, diritto d’uso, e forme testuali derivate va contestualizzato storicamente. Così la norma legislativa sul diritto d’autore si inquadra e si spiega da un lato con l’evoluzione del pensiero politico liberale, e dall’altro con l’evoluzione economico- industriale applicata alla tecnologia di riproduzione e vendita degli oggetti testuali.
Quindi l’esigenza di tutelare l’autore, patrimonio della collettività, mente pensante libera da condizionamenti, riconoscibile di fronte al pubblico come soggetto, e di fronte alla legge responsabile di quanto pubblica, è frutto di un dato momento storico. Sempre frutto di quel momento storico è il rapporto con gli editori e i distributori, rispetto ai quali gli era riconosciuto un diritto di paternità d’opera nonché di poter contrattare con chi stampava e distribuiva un compenso per il suo lavoro. I legislatori di diversi paesi nel 1886 a Berna hanno sanzionato quanto a livello culturale ormai era affermato da tempo: l’autore non era più cortigiano ma intellettuale libero e pensatore che produceva cultura per il proprio pubblico.

L’editoria in questo sistema, vende l’oggetto testuale come opera chiusa. Con le forme testuali della rete sono i concetti di opera chiusa e di singolo e determinato autore messi in discussione: l’utilizzo in ambito universitario della rete permette ai ricercatori di confrontarsi continuamente senza dover attendere la pubblicazione cartacea, consente lo scambio di parti di un articolo di un autore con l’altro, costruendo testi la cui paternità non è sempre lineare, in cui la storia delle varianti è l’opera stessa. Il diritto d’autore, con la sua applicazione automatica, di fatto rende illegale questo tipo di scambio, che è quanto di peculiare ha Internet come media. È da qui che nascono nuove forme di tutela del diritto di autore, forme di tutela che prendono in considerazione sia la possibile natura collettiva dei nuovi autori, sia la possibile evoluzione continua di un’opera. Il Copyleft (per una trattazione più completa e diffusa si vedano i sito www.gnu.org e Wikipedia) imponeva, nella sua prima versione, la necessaria applicazione di tale licenza anche a tutte le opere che risultavano dalla prima. 
Con una mediazione tra l’esigenza di favorire lo sviluppo e la diffusione di una cultura della condivisione ed inserire una tutela minima del diritto d’autore si è arrivati al concetto di share alike (condividi allo stesso modo), di cui le licenze Creative Commons (vedi anche Wikipedia ) sono un derivato.

Non vogliamo entrare in questa sede nella forma che hanno queste licenze ma cercare di capire in che direzione sta andando l’evoluzione della forma testuale in rete, assecondata da queste nuove forme di legislazione (direzione in cui non potrebbe andare con un sistema legislativo rigido sul copyright). In conclusione, dalla panoramica storica risulta che è necessario focalizzare la ricerca ed approfondire il dibattito in ambito teorico – comunicativo così da poter discutere seriamente sul modello legislativo più adatto per questi nuovi modelli. Il punto di partenza sembra proprio legato ad una ridiscussione della figura dell’autore in quanto auctoritas, e di conseguenza la logica di una cultura squisitamente erogativa, a vantaggio di una cultura partecipata: non vado in  rete e apprendo contenuti (per questo c’è già il libro, che funziona egregiamente), ma vado in rete e partecipo alla costruzione di contenuti, o meglio partecipo alla costruzione di modelli condivisi. Questo dovrebbe necessariamente portare sul lato giuridico ad un dibattito che realmente prenda atto di queste prerogative della rete e le favorisca, evitando di rimanere impantanarsi in discorsi ideologici soprattutto legati a modelli comunicativi in rapida obsolescenza.


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Riferimenti Bibliografici
De Sola Pool I., Tecnologie di libertà, UTET, Torino, 1995
Leroi – Gourhan A., Il gesto e la parola, Einaudi, Torino, 1980
McLaughlin J., Mapping the information business, Harvard, 1980
McQuail D., Le comunicazioni di massa, Il Mulino, Bologna, 1983
Ortoleva P., Mediastoria, Il Saggiatore, Milano, 2002


 

 
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