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IFTS-FORMAZIONE POST-SECONDARIA NON UNIVERSITARIA

Lo stato dell'istruzione tecnica in quattro risposte

Intervista ad Attilio Oliva, presidente dell'Associazione Treellle

di Francesco Vettori
09 Marzo 2009

Dal Quaderno TreeLLLe emerge che l’istruzione tecnica risulta una condizione indispensabile per il funzionamento di molte imprese italiane. E’ da questa consapevolezza che bisogna ripartire?

Archivio Immagini DIACertamente sì. Già durante gli anni ’60 ed inizio ’70 l’innovazione tecnologica e la crescita delle attività produttive, manifatturiere soprattutto, provocarono un diffuso fabbisogno di personale fornito di nuove funzioni e competenze. A questa richiesta si aggiungeva il fabbisogno di tecnici per l’area dei servizi e delle relative funzioni aziendali (es. servizi commerciali). La richiesta non si focalizzava sulla quantità di addetti, che pure era insufficiente, ma sulle nuove caratteristiche professionali. Si trattava di coprire il nuovo spazio, creatosi a seguito dell’innovazione, compreso tra l’ingegnere e l’operaio anche specializzato, mediante la nuova figura del tecnico superiore.
Il fabbisogno di tecnici per lo sviluppo economico del paese venne anche evidenziato in quegli stessi anni per conto della Svimez da Gino Martinoli, il quale segnalò il pericolo di un possibile rallentamento dello sviluppo proprio in mancanza di una consistente offerta di questi diplomati.
Più recentemente Federico Butera ha coniato l’espressione “lavoratori della conoscenza”. Si tratta di un’immagine per rappresentare sinteticamente l’emergere di una particolare categoria di lavoratori (diversi dagli operai e dagli impiegati d’ordine), all’interno della popolazione degli occupati. “Sono lavoratori a scolarità medio-alta che hanno responsabilità di innovazione e gestione di processi complessi. Sono lavoratori che operano su informazioni, segni, simboli, che non eseguono procedure prescritte ma lavorano su ruoli o ‘copioni’ più o meno ampi....hanno gradi di autonomia elevati e una relativa forza sul mercato del lavoro....”. Secondo una recente pubblicazione dello stesso Butera, Knowledge Working, i lavoratori della conoscenza sarebbero già il 42% della popolazione attiva.
La crescente attenzione prestata dalle imprese al reclutamento di queste figure professionali è confermata dai dati quantitativi forniti dal sistema Excelsior. In particolare in questi ultimi anni l’interesse delle aziende verso i diplomati (prevalentemente tecnici) e i tecnici superiori appare in decisa crescita: le previsioni di assunzione di diplomati sono passate dal 34% del 2006 al 40% del 2008; le previsioni di assunzione con diploma post secondario sono passate dal 4,1% del 2006 al 6,4% del 2008; le previsioni di assunzione di laureati sono passate dall’8,5% del 2006 al 10,6% del 2008

I motivi alla base della diffusione della richiesta di tale tipologia di lavoratori in tutti i paesi industrializzati del mondo sono molteplici:

- l’evoluzione tecnologica, che richiede un aumento delle conoscenze tecnico-scientifiche;

- la competizione, che richiede una capacità di innovazione e di creare valore aggiunto nella produzione;

- i processi di trasformazione organizzativa, che richiedono la maggiore integrazione dei ruoli.

A fronte di questa generalizzata domanda di quadri tecnici è un fatto che la popolazione dei giovani iscritti agli istituti tecnici sul totale degli iscritti della secondaria superiore è passata dal 45% del 1990 al 35% del 2007 (mentre i licei passavano dal 32% al 42%). Ci sono quindi valide ragioni per fermare questo declino e impegnare forze politiche, forze sociali, sistema mediatico e operatori scolastici a un forte rilancio dell’istruzione tecnica.
Concludendo, le ragioni principali a favore di questo rilancio sono:

- aumentare la competitività del paese rispondendo alla crescente domanda delle imprese di quadri tecnici e tecnici superiori

- assicurare più in generale lo sviluppo di una dimensione culturale tecnico-scientifica resa necessaria dai processi di globalizzazione in atto, una dimensione che il nostro paese continua a trascurare

- offrire opportunità formative più ricche e articolate per rispondere alla molteplicità delle intelligenze, degli interessi e delle aspirazioni dei giovani e combattere così la demotivazione verso gli studi e l’abbandono scolastico

C’è una identità specifica dell’istruzione tecnica, con metodi ed esperienze didattiche proprie? Oggi un’istruzione di tipo tecnico che cosa offre in più rispetto al passato e ai saperi di stampo umanistico maggiormente legati ad esso?

Archivio Immagini DIAIl rilancio della cultura tecnica e scientifica rappresenta una sfida formidabile che si basa sul superamento della gerarchia dei saperi e dei percorsi di studio: ad esempio, per la scuola secondaria, senza più gerarchia tra istruzione classica e istruzione tecnica, in una prospettiva che faccia proprio  il nuovo ruolo di comprimaria di quest’ultima.
La cultura tecnica e scientifica ha sempre presupposto l’idea di molteplicità delle intelligenze e ha contribuito a far superare la subordinazione di una forma di intelligenza rispetto alle altre. Mentre i nostri licei vedono nella nostra storia più lontana la materia più preziosa, la cultura tecnica e scientifica si rivolge più nettamente al presente e al futuro e spesso riesce a motivare e coinvolgere maggiormente gli studenti.
Non si può quindi  non tenere conto del valore educativo e culturale dell’avventura intellettuale nel mondo della scienza e della tecnica che è fondato sulla sintesi tra teoria e pratica, tra osservazione e speculazione intellettuale, tra sapere e saper fare. Oppenheimer, a proposito dell’importanza dell’insegnamento tecnico-scientifico, diceva che “Non si può imparare a nuotare senza calarsi nell’acqua”. Invece, fino ad oggi, una metodologia didattica prevalentemente deduttiva ha troppo ostacolato l’adozione di metodi e pratiche di apprendimento e insegnamento centrati sull’attività degli allievi e sul loro protagonismo individuale e di gruppo. La centralità del laboratorio e dei reparti di lavorazione conserva una profonda ragione anche pedagogica perché – è bene ribadirlo – non tutti hanno la testa fatta alla stessa maniera per capire e fare.  Il tema è ampiamente trattato dal Documento del Comitato  Interministeriale per lo sviluppo della cultura scientifica e tecnologica, presieduto da L. Berlinguer.
Cito inoltre dal Documento della Commissione Ministeriale per la riorganizzazione degli istituti tecnici e professionali presieduta da F. De Toni: “Il sapere tecnologico e il metodo scientifico, se correttamente applicati, hanno  una grande valenza formativa perché abituano al rigore, all’onestà intellettuale, alla libertà di pensiero, alla creatività, alla collaborazione: tutti valori fondamentali per la costruzione di una società aperta e democratica”.
Per concludere, il rilancio della cultura tecnica rappresenta una sfida importante che si basa sul superamento della gerarchia dei saperi e dei percorsi di studio (di matrice gentiliana), un’istruzione senza più gerarchia tra classica e tecnica, che accetti il nuovo ruolo di comprimaria di quest’ultima, si adoperi per fissare con altre agenzie educative - comprese le imprese - rapporti che consentano di costruire una rete efficace sul piano formativo. 

Secondo Lei, quali sono le ragioni del declino dell’istruzione tecnica nel nostro paese?

Le principali  cause che hanno concorso a determinare il declino dell’istruzione tecnica:

  1. la politica scolastica degli ultimi vent’anni, che ha costantemente valorizzato l’impostazione liceale degli studi secondari, facendo passare in secondo piano la rilevanza dell’istruzione tecnica come un canale formativo dotato di propria identità e valenza pedagogica. Non è sorprendente che l’opinione pubblica abbia finito con il perdere la nozione dell’importanza di questo specifico percorso; 
  2. le preoccupazioni di status da parte delle famiglie, parte delle quali hanno ritenuto di garantire la promozione sociale dei propri figli attraverso un percorso di studi liceale, anziché uno, magari più idoneo, di istruzione per il lavoro;
  3. la progressiva attenuazione dell’identità professionale degli insegnanti di istituti tecnici. Sempre più spesso si insegna nell’uno o nell’altro tipo di scuola senza avere presenti le differenze e le ragioni pedagogiche di ciascuna. Anche per questa via si è allargato il distacco tra scuola ed imprese, causa ed effetto insieme della perdita di richiamo per gli istituti tecnici;
  4. il venir meno della rapida e sicura transizione al lavoro per i diplomati degli istituti tecnici. Le famiglie, non potendo più contare su una collocazione sicura dei propri figli, hanno creduto di poter porre rimedio a tale difficoltà prolungando la durata degli studi e quindi orientandoli verso percorsi liceali e poi universitari;
  5. l’assenza di organi di governo specifici per gli istituti tecnici, tali da favorire strutturalmente il collegamento con il mondo dell’impresa. Questo era stato fino agli anni ’70 uno dei punti di forza: il venir meno, dopo quella data, di una specifica cultura della governance degli istituti tecnici ha rescisso quel legame ed indebolito l’efficacia del percorso di studi;
  6. il mancato decollo di un’offerta di istruzione tecnica superiore breve (universitaria e non-universitaria), che costituisse il coronamento di un percorso formativo a sé, dotato di buone opportunità di inserimento veloce e qualificato nel mondo del lavoro, e di prospettive di sviluppo professionale ulteriore.

In conclusione, nel nostro Paese sono fino ad ora prevalse due anomalie rispetto ai paesi avanzati dell’Unione Europea: la prima è la fuorviante e persistente gerarchia dei saperi tra cultura umanistica e cultura tecnico-scientifica, con la conseguente progressiva omologazione degli istituti teArchivio Immagini DIAcnici ai licei – la cosiddetta licealizzazione – e la conseguente perdita della specifica valenza didattica e formativa dell’istruzione tecnica (sapere e saper fare); la seconda è l’assenza di una offerta formativa post secondaria di tipo universitario breve o non universitario.  

Quali sono le principali proposte di TreeLLLe per un rilancio dell’istruzione tecnica?

Il rilancio dell’istruzione tecnica può avvenire solo se si realizzeranno alcune condizioni essenziali che purtroppo oggi si sono in gran parte perse per strada: in sostanza si tratta di tornare all’”epoca d’oro” dell’istruzione tecnica, e cioè a quella che fu la spina dorsale dello sviluppo industriale del paese e poi del miracolo economico italiano.
In sintesi, queste condizioni sono:

- riconoscere uno statuto speciale, una peculiarità specifica all’istruzione tecnica rispetto a quella liceale;

- adottare nuovi modelli di governance per gli istituti tecnici con una legge che preveda un Consiglio di Indirizzo e di Sorveglianza, composto da non più di 7-11 membri, e con innesti di membri esterni alla scuola (manager, imprenditori dell’industria e dei servizi, etc.). Essenziale poi è lo sviluppo pieno dei poteri del dirigente che deve essere responsabile della gestione di tutte le risorse umane, finanziarie e strumentali, e deve avere il potere di scegliersi alcuni stretti collaboratori (la cosiddetta “dirigenza”);

- ridurre i contenuti dell’insegnamento, così come bene prevede il nuovo regolamento predisposto dal Ministero, ad un numero limitato di indirizzi, con materie obbligatorie ma anche con materie opzionali così da responsabilizzare  i giovani;

- proporre metodi didattici improntati al problem solving, alla didattica laboratoriale, all’insegnamento per moduli e a stage e tirocini obbligatori presso le imprese per almeno il 20% del monte-ore.

Infine, per quanto riguarda la seconda anomalia rispetto ai paesi avanzati, che si strutturi una nuova offerta di istruzione tecnica superiore breve (due-tre anni) sia di tipo non universitario (i nuovi istituti tecnici superiori già previsti) e di tipo universitario (le lauree triennali professionalizzanti).

 

 
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