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CITTADINANZA EUROPEA

Personalizzare l'istruzione, pensandola al "Noi"

Dalla Confererenza OCSE le linee guida per l'apprendimento collaborativo, grazie alle TIC, come valorizzazione dei molteplici talenti personali

di Silvia Dell Acqua
12 Ottobre 2009

Dapprima un esercizio per la mente.

Una serie di nomi di persone note, appartenenti a mondi diversi. Un elenco di frasi.
Provate ad associare mentalmente le frasi con le persone che, secondo voi, le hanno pronunciate, prima di leggere la tabella che segue.

Rita Levi Montalcini; Albert Einstein; Oscar Wilde; Jamie Oliver; Giselle Bundchen; Wassily Kandinsky.

1. L'arte è l'espressione del pensiero più profondo nel modo più semplice.
2. Fare una buona insalata vuol dire essere un diplomatico brillante, il problema è identico in entrambi i casi: sapere esattamente quanto olio bisogna mettere assieme all'aceto.
3. Mi piacciono le cravatte, ma preferisco non indossarle quando sono nervoso
4. Non potendo cambiare me stessa cambio gli abiti. È un piccolo gesto quotidiano di rispetto verso chi incontro.
5. E’ un privilegio che, nella mia posizione di notorietà e come donna, possa contribuire alla sensibilizzazione verso problemi di rilevanza mondiale *1
6. Tutta la matematica del mondo non potrà mai supplire la mancanza di genio. *2

1. → Wassily Kandinsky
2. → Jamie Oliver
3. → Oscar Wilde
4. → Giselle Bundchen
5. → Rita Levi Montalcini
6. → Albert Einstein

Quanti hanno associato il pensiero sulla matematica ad Albert Einstein e quello sull’Arte a Wassily Kandinsky? Molti avranno pensato che la frase sul cibo l’avesse pronunciata un cuoco di fama e quella sull’eleganza sarà stata attribuita al dandy Oscar Wilde. E se invece fosse Rita Levi Montalcini a parlare di abiti, mentre Gisele Bundchen si appella al suo ruolo di sensibilizzazione su temi di rilevanza globale?
Ecco le attribuzioni corrette:

1. → Albert Einstein (arte)
2. → Oscar Wilde (cucina)
3. → Jamie Oliver (eleganza)
4. → Rita Levi Montalcini (abiti)
5. → Giselle Bundchen (impegno umanitario)
6. → Vassily Kandinsky (matematica)

Chi ha ragionato in modo diverso ed ha attribuito i corretti autori è dotato di un talento raro, chi invece ha associato il tema dalle frase al ruolo principale che la società ha riconosciuto o riconosce ai sei personaggi in questione, ha ragionato in modo lineare: un talento riconosciuto socialmente identifica la persona, ed in un certo senso la cristallizza. E’ come se fossimo stati fotografati, messi a fuoco dall’obiettivo della società: CLICK la fotografia è stata scattata, quella è.
Ma che cosa succederebbe se provassimo a ragionare secondo categorie più mobili e ci accorgessimo che la realtà del talento degli esseri umani non è assoluta? Se una particolare funzione della ‘macchina fotografica sociale’ consentisse di analizzare la ‘foto del talento’ e si scoprisse che in realtà ci sono dei movimenti che sfocano l’immagine? E guardando ancora meglio, perché spogliati del modo di ragionare lineare, ci accorgessimo per la prima volta che esistono moltissime sfumature, i contorni del talento non sono definiti, coprono anche aree che non per forza sono artistiche per l’artista, scientifiche per lo scienziato: che cosa faremmo?
Penseremmo “Che caos!” o piuttosto, con la nuova forma mentis, ci sorprenderemmo in un “Che ricchezza!
Si tratta di usare una nuova lente di ingrandimento: la realtà è multiforme, cristallizzarla, ne dà una visione distorta.

Pensiamo ora non più a personalità già note, per diversi motivi, ma a giovani personalità in fieri: non diventa fondamentale, in una società in cui spazio e tempo sono sempre più coordinate tecnologiche, pensare al talento non come a identificazione di un’abilità, ma quanto piuttosto ad un processo di formazione? Non un punto fermo, ma una linea che sale, scende, si muove verso destra e sinistra: è in progresso, continuo, segue un suo percorso, che ha una coerenza, ma che è personale, il talento e le abilità non sono cristallizzate in schemi pre-definiti.

Proprio questo è stato il messaggio chiave della Conferenza NML tenutasi a Bruxelles dal 21 al 23 settembre 2009: personalizzare l’istruzione, attraverso sistemi nazionali che, garantendo efficienza ed equità, riescano a far emergere il talento di ciascuno studente, personalizzandone il percorso formativo.
E’ bene fare luce su uno snodo fondamentale: personalizzare, in questo caso, non ha alcun elemento di individualismo. La personalizzazione nell’istruzione è da intendersi solo e soltanto in senso sociale. Il vero New Millennium Learner (NML) è immerso nelle nozioni, che possono derivare dal mondo che lo circonda, come pure dal libro che legge: qual è la differenza allora?
Eccola: il NML comunica, in una dimensione di spazio e tempo tecnologica, quello che ha imparato, che cosa lo ha colpito, quello che non lo convince. L’interazione è fonte di conoscenza, il processo di apprendimento continua con l’acquisizione di informazioni dai network di cui fa parte – scolastici e non-. La nozione o l’informazione iniziale sono personalizzate grazie ad un processo a quattro mani: il NML di per sé, e  la sua comunità di apprendimento (learning community)

I sistemi di istruzione del 2000 sono chiamati a questo: personalizzare il percorso di chi sta imparando, pensando al “Noi”. I NML fanno parte di comunità di apprendimento di volta in volta diverse, di tipo formale o informale, senza che esse siano poste in ordine gerarchico di importanza; l’alternanza di una o dell’altra dipende dall’utilità percepita rispetto alla contingenza in cui il NML si trova. Non gerarchia nell’apprendimento, ma interdipendenza. Questa è la chiave.

Secondo i dati OCSE del settembre 2009 riportati in “The New Millennium learners: a project in progress” più del 90% dei quindicenni che vivono nei Paesi OCSE hanno accesso ad internet da un computer, il 50% sono connessi quotidianamente da casa, mentre la connessione da scuola è meno di una volta la settimana.
Questi dati costituiscono il punto di partenza per fare una riflessione più approfondita in due direzioni: buone politiche per l’istruzione hanno successo solo se c’è armonia tra attori protagonisti e agenti del cambiamento - “Un’Orchestra di Strumenti Pedagogici” -; alla convinzione che l’investimento nelle TIC all’interno dei sistemi scolastici nazionali sia positivo, sta subentrando nei decisori politici il dubbio che tali investimenti non possano essere giustificati, perché non determinati nel migliorare le competenze dei NML. Una possibile risposta all’interrogativo sul “ROI” - Return on Investment – nelle tecnologie in senso pedagogico in “Ripensare la domanda
 
Un’Orchestra di Strumenti Pedagogici

Immaginando ciascun sistema di istruzione nazionale come un’orchestra, l’ipotetico Direttore, dovrebbe accordare i seguenti strumenti:

- training adeguato per gli insegnanti;
- aspettative degli studenti (NML);
- contenuti globali;
- coordinamento, sintesi, versatilità;
- equità nell’accesso e nell’uso delle nuove risorse dell’apprendimento

Se gli strumenti sono accordati, la sinfonia che ne deriva è la seguente: imprenditorialità nell’apprendimento e talento progressivo del singolo studente, parte della comunità pedagogica. Non per forza la classe: è necessario spogliarsi delle vecchie identificazioni “cuoco-parla della cucina” “artista parla dell’arte”, ma sono spazio e tempo tecnologici, il luogo in cui l’apprendimento avviene.

Come ha sottolineato Andreas Schleicher, responsabile di OCSE PISA, “il computer è lo strumento che rende milioni di persone autori dei loro contenuti digitali”, ed allo stesso tempo “essere connessi non significa di per sé imparare”. Che cosa fa la differenza allora? L’accordo degli strumenti pedagogici indicati: quella è la chiave di volta.
Dalla scuola Medievale individuale, alla scuola di massa dell’epoca moderna, alla ricerca di nuovi metodologie pedagogiche che permettano di orchestrare l’apprendimento ovunque ed in qualunque momento, in modo che il talento di ciascuno venga valorizzato, che nessuno venga a priori escluso: questa è la sfida. Efficienza nell’utilizzo degli strumenti a disposizione, equità nell’accessibilità degli stessi.
Nella pubblicazione OCSE (2009) “Creating Effective Teaching and Learning Environments” emergono questi dati interessanti:

1. Gli insegnanti si aggiornano, in primo luogo, apprendendo in modo informale – mi confronta con altri colleghi - (vedi grafico)

2. Al secondo posto nei desiderata degli insegnanti per la formazione ci sono le TIC (vedi grafico)

Confrontando questi dati con altri dati, illustrati da Francesc Pedrò: alle domande dei ricercatori OCSE rispondono i NML.

a) “Che cosa fai come attività principale in classe?”
“52% copio dalla lavagna o da un libro, 33% ascolto da un insegnante che parla a lungo; 29% discuto in classe, 16% lavoro al computer”

b) “Che cosa preferiresti fare in classe?"
 55% imparare in gruppo; 39% fare cose pratiche; 5% andare al museo, pensare da solo;

I dati si specchiano: gli insegnanti imparano, primariamente, socialmente, non possono utilizzare le TIC perché non sono in grado di farlo, nella gran parte; agli studenti piacerebbe apprendere, più socialmente, grazie alle TIC, ma per il momento questo non è possibile. Gli insegnanti vorrebbero essere consapevoli utilizzatori delle TIC, - 16% significativo – e questo consentirebbe loro di introdurre nella didattica metodi pedagogici innovativi che veicolerebbero la personalizzazione dell’istruzione in senso sociale, in modo da poter così rispondere alla prima aspettativa dei NML  -55% apprendere in gruppo -
Dati che dimostrano che i presupposti per la “sinfonia pedagogica” ci sono, si tratta di accordare gli strumenti.


Ripensare “la domanda”

Circa trenta anni or sono i politici iniziarono a mettere in atto politiche tese a integrare le tecnologie nella scuola. A quei tempi le scuole erano viste come il luogo perfetto dove gli studenti avrebbero potuto acquisire le competenze necessarie per utilizzare questi nuovi strumenti” (“Is technology use related to Educational Performance? Evidence from PISA”, OCSE settembre 2009).
Quindi la loro visione subì un’evoluzione significativa: le TIC vennero viste come il mezzo con cui il sistema scuola avrebbe potuto essere modernizzato. TIC agenti di innovazione nel mondo della scuola. Una sorta di rivoluzione copernicana, la logica è cambiata: in un primo momento le TIC si inserivano nel mondo della scuola, così com’era, cercando una loro collocazione utile a fini stabiliti; ora il focus è sulle tecnologie, l’attenzione è su come, in che modo e quali di esse possano essere strumenti validi in metodologie didattiche innovative. Le TIC non si aggiungono ad uno scenario pre-definito, sono già presenti a monte del processo, grazie ad esse le metodologie didattiche hanno linfa nuova, e possono maggiormente avvicinare il mondo della scuola a quello della società del 2000, in cui gli studenti interagiscono e opereranno in futuro.

In natura nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”. Legittimamente i politici possono chiedersi “Qual è la ragione per cui nei sistemi di istruzione vengono aumentati gli investimenti nelle TIC, non si hanno risultati tangibili, nel Sistema Paese?”.
Vale universalmente il principio per cui il cambiamento e la trasformazione se cercati nella direzione sbagliata, non emergono.

Gli esperti intervenuti da tutto il mondo, alla Conferenza sui NML di Bruxelles, sono stati pressoché unanimi nell’affermare che, se si investe nelle TIC nell’ambito dell’istruzione non bisogna rivolgere subito lo sguardo all’indice di produttività, che sta a conclusione del processo; è necessario, invece, investigare il processo stesso: “Quali nuove metodologie che si avvalgono delle tecnologie migliorano i risultati degli studenti, rispetto ai metodi tradizionali?” Il focus è sulle metodologie pedagogiche innovative, sull’ ‘orchestra” e sugli strumenti prima dell’esecuzione. Se si indaga su quali strumenti avvalersi e come farli interagire tra loro, va da sé che è più facile che, alla fine, l’armonia ci sia. Se ci si concentra sulle note stonate si focalizza la parte sbagliata del processo e ci si pone un falso problema, che non aiuterà a far luce sul ruolo delle tecnologie nella scuola, come strumento essenziale per la personalizzazione dell’istruzione, non in senso assoluto, ma relativamente alle variabili che sono in gioco. Le TIC possono cambiare di volta in volta, sono flessibili adattandosi alle necessità dei NML, ma è la consapevolezza del metodo che dà la possibilità di agire nella giusta direzione, “non guardare il dito, ma la Luna”.

E questa nuova prospettiva porta a considerare il cosiddetto ‘Second Digital Divide’, trattato ampiamente da Barbara Ischinger, a capo del Direttotaro Istruzione dell’OCSE: l’accessibilità a internet è diffusa, il COME – primo Digital Divide -, ora quello che fa la differenza è “A CHE SCOPO” – secondo Digital Divide.
Nello specifico in “Reframing the policy expectations technology in education” (OCSE, settembre 2009) vengono sottolineate le implicazioni sociali che, ancora una volta nel TIC hanno: le tecnologie possono essere utilizzate a diversi livelli dai NML. I dati analizzati e rielaborati, dimostrano che un uso più consapevole e responsabile delle TIC in senso educativo corrisponde a livelli socio-economici più alti. Marc Durando (EUN) è stato chiaro in proposito: “l’accesso tecnologico alle informazioni non dà di per sé accesso alla conoscenza” ci sono “aree di importanza sensibile da tenere in conto: il ruolo degli insegnanti nell’acquisizione delle metodologie per reperire informazioni, l’interazione tra formale e non formale, le competenze digitali correlate ed armonizzate alle altre competenze del XXI secolo - imparare ad imparare, spirito di iniziativa e imprenditorialità, competenze linguistiche, artistiche etc -.
Non si tratta di circonferenze concentriche - linee arrotondate - ma di cerchi sovrapposti, in cui superfici diverse stanno le une sulle altre: non c’è simmetria geometrica, ma interazione continua.

Al ritorno dalla Conferenza, dopo aver ascoltato e riflettuto sulle prospettive differenti da cui si può analizzare il tema in discussione, ci si interroga su questo, ‘Sarà possibile, domani, dover affrontare un “Terzo Digital Divide”? Dopo ‘Come, ‘In che modo’, ‘Quali’ tecnologie utilizzare: nuove metodologie didattiche e l’interazione con i diversi settori della società potrebbero portare alla differenziazione dello spettro delle TIC a disposizione in tecnologie di serie A B e C. Sarà il futuro a trovare una risposta a questo interrogativo.


In questo mondo liquido-moderno, si è felici finché non si perde la speranza di essere felici in futuro. Ma la speranza può rimanere viva solo a condizione di avere davanti a sé una serie di nuove occasioni e nuovi inizi in rapida successione, la prospettiva di una catena infinita di partenze. Ci si deve porre sfide difficili; si devono scegliere obiettivi che siano ben oltre la propria portata. Bisogna tentare l'impossibile. È una vita emozionante e logorante: emozionante per chi ama le avventure, logorante per chi è debole di cuore. " così scrive Zygmunt Bauman in “L’arte di vivere”…da New Millenium Learner, si aggiunge qui.  


*1 Rita Levi Montalcini in un’intervista del 30 dicembre 2008 “Le donne l’Africa e…la scienza

*2 Giselle Bundchen, in occasione del conferimento del titolo di “Ambasciatrice Unicef

 

 
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