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PROGETTI DI COLLABORAZIONE

Sviluppare la coesione sociale nella scuola

Un approccio integrato per il coinvolgimento di tutti gli attori

di Carlo Testi
26 Aprile 2010

Premessa
L’esperienza qui riportata è stata presentata da Carlo Testi, Dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo di Firenze  “M. Gandhi”, in occasione del seminario di contatto bilaterale eTwinning tra Gran Bretagna e Italia, " Community Cohesion and Social Inclusion ", svoltosi a Glasgow dal 20 al 22 novembre 2009.

Azioni per l’inclusione
L’Istituto si trova alla periferia di Firenze. Il quartiere è il prodotto della fusione di due zone, quella vecchia del borgo di Brozzi e quella dei nuovi insediamenti delle Piagge. La zona è tuttora in crescita con ulteriori urbanizzazioni. La scuola ha 703 alunni, di età compresa tra i 3 e i 14 anni, il 40% dei quali ha genitori provenienti da altri paesi, la maggioranza dalla Cina seguiti da paesi dell’Est europeo e nord africani più altre rappresentanze minori. Il 5% degli alunni è del gruppo Rom. Circa il 10 % delle famiglie, perlopiù italiane e rom, è seguito a diversi livelli dai servizi sociali.
Il contesto pone in maniera evidente come uno dei punti centrali di attenzione lo sviluppo di coesione nella comunità scolastica da condividere con i genitori, con gli enti preposti e con le realtà associative nelle loro varie articolazioni. Sviluppare la coesione sociale con un approccio inclusivo non costituisce una scelta che, una volta fatta, diventa conseguentemente azione quotidiana condivisa. Occorre tenere presenti tre livelli da mantenere integrati tra loro: a) il livello dell’approccio riflessivo/esplorativo, b) quello del senso generale da dare a tutte azioni, c) quello della realizzazione e del monitoraggio delle decisioni prese di volta in volta e da condividere perché considerate più adatte a costruire coesione e inclusione sociale. Le decisioni prese come condivise sono volte ad assicurare a tutti gli alunni alcune garanzie di trattamento ritenute un diritto essenziale che potrebbe, in alcuni casi contingenti, venire a mancare o essere troppo limitato a causa di soggettività dei docenti, nuovi arrivi, variabilità delle situazioni.

a) L’approccio riflessivo/esplorativo
La riflessione critica è/dovrebbe essere parte costante della professionalità docente, questa non può essere lasciata al caso e deve comunque vedere momenti collettivi. La scuola che si pone degli obiettivi sicuramente generali, ma in buona parte anche definiti dal contesto, deve configurarsi, nelle forme e nei modi possibili, come sede di ricerca educativa. L’Istituto sviluppa da tempo forme diverse di riflessione (individuale non strutturata, a piccolo gruppo, di tutto il Collegio spesso sotto forma di ricerca azione).
I filoni di riflessione critica sviluppati per gradi nel tempo sono: le abilità per la vita, il curricolo verticale delle discipline (in particolare sul versante del lessico settoriale), le finestre interculturali.

b) Dare senso
Qualsiasi tipo di ricerca ha in sé una tendenza a svilupparsi in maniera centrifuga e a disperdersi in mille rivoli. Ciò va evitato in quanto porta a una potenziale frammentazione non più leggibile e riconoscibile dalla comunità. Occorre quindi dare senso alle varie azione della scuola definendo uno sfondo integratore condiviso che permetta di leggere le singole azioni e di indirizzarle in maniera unitaria. Le abilità per la vita definite dall’OMS sono state scelte, fra altre opzioni possibili, come un adeguato sfondo integratore in quanto non alternative all’insegnamento disciplinare, ma integrabili con questo. Esse sono l'insieme di abilità personali e relazionali che servono per governare i rapporti con il resto del mondo e per affrontare positivamente la vita quotidiana, "competenze sociali e relazionali che permettono ai ragazzi di affrontare in modo efficace le esigenze della vita quotidiana, rapportandosi con fiducia a se stessi, agli altri e alla comunità", abilità e competenze "che è necessario apprendere per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i problemi, le pressioni e gli stress della vita quotidiana. La mancanza di tali skills socio-emotive può causare, in particolare nei giovani, l'instaurarsi di comportamenti negativi e a rischio in risposta agli stress". Tali abilità non sono mai completamente possedute da tutti: per esempio, se cambiano le situazioni nel contesto e le fonti di stress aumentano, possono manifestarsi comunque in qualcuno difficoltà nell’uso di abilità che apparivano già sufficientemente dimostrate. Per ciascuna di queste abilità occorre creare condizioni adatte al fine di farle praticare e progredire, pur se in misura diversa, fra tutte le componenti scolastiche (dirigente, personale, alunni/studenti, genitori).

c) La realizzazione
La riflessione e la ricerca sulle abilità per la vita sono una costante ormai da tempo nell’Istituto, ma non in un continuum indistinto. Le abilità per la vita e altri aspetti importanti del contesto ad esse collegati quali l’insegnamento dell’italiano come L2, la mediazione linguistico culturale e l’intercultura sono all’interno delle linee di sviluppo che triennalmente vengono ridefinite sulla base dell’esperienza precedente e delle problematiche anche organizzative che il contesto pone in evidenza. All’interno delle linee di sviluppo triennali, annualmente, il Collegio dei docenti e il personale ATA dell’Istituto definiscono le azioni specifiche (non più di due o tre) curricolari e organizzative che ciascuno si impegna a concretizzare in modo da assicurare a tutti gli alunni una base comune di opportunità educative nell’approccio inclusivo e nel curricolo.

Italiano L2
Rispetto alla questione dell’apprendimento dell’italiano come L2, ci si è posti il problema di come integrare fin dai primissimi stadi l’apprendimento dell’italiano per comunicare con quello dell’italiano per apprendere le discipline scolastiche, principalmente per evitare un distacco troppo forte tra gli oggetti di studio degli alunni italofoni e quelli degli alunni la cui conoscenza dell’italiano è ancora fortemente limitata, certe volte anche dopo diversi mesi, per non dire anni, di permanenza nella scuola. La riflessione, per delimitare il campo che altrimenti potrebbe essere troppo vasto e di conseguenza dispersivo, si è concentrata sulla definizione, da parte dei docenti delle diverse discipline, di un lessico disciplinare essenziale per tutti gli alunni all’interno del quale lavorare per l’apprendimento almeno di una parte di questo anche con gli alunni non italofoni principianti. La questione è decisamente problematica e, in prospettiva, incide fortemente sulle strategie didattiche dei docenti. L’anno passato è stata attivata una limitata ricerca-azione sull’insegnamento della storia in una classe seconda media in collaborazione con personale del centro Gandhi (uno dei tre centri di alfabetizzazione del Comune di Firenze  che dovrebbe allargarsi nell’anno in corso ad almeno un gruppo di più discipline in un consiglio di classe. L’idea è quella di vedere come e fino a che punto è possibile organizzare le attività in classe facendo in modo che tutti gli alunni abbiano lo stesso oggetto di apprendimento, a partire dal concreto (ma anche un testo è concreto) pur se trattato a livelli di complessità diversi.

Mediazione linguistica e culturale
Il punto essenziale è quello di fare in modo che tutto il personale, gli alunni e in parte anche i genitori, seppure in maniera articolata e differenziata, siano sempre più in grado di operare come mediatori linguistici e culturali. Ciò, evidentemente, non può voler dire imparare a parlare le lingue degli alunni (se c’è anche questo per le lingue più rappresentate tanto meglio). Si tratta di imparare sempre meglio a porsi in modo empatico nei confronti degli altri e a trarne lo spunto per azioni concrete, anche piccole, che, organizzate, possano diventare patrimonio di crescita e in crescita per tutti. È importante partire dalla vita scolastica quotidiana e, anche sulla base dell’esperienza precedente, porsi la domanda: se io fossi… cosa vorrei avere, come vorrei essere trattato? Ciò per le varie fasi che vanno dalla prima accoglienza alla permanenza di lungo periodo nella scuola. La riflessione su questo aspetto fino ad oggi è stata individuale o limitata al gruppo di docenti che si occupa dell’accoglienza e del personale ATA. Da quest’anno verrà organizzato un gruppo di alunni volontari della scuola media disponibili frequentare un corso per imparare a fare tutoring tra pari. Secondo gli esiti degl’iniziativa, l’intenzione è di strutturare una sorta di task force della scuola formata da alunni e docenti interessati con il compito di organizzare il supporto comunicativo, relazionale e pratico tra pari come uno dei modi per facilitare il processo di inclusione. 

La lingua 1 come valore


Sfruttare la conoscenza esistente della L1 di origine
Parlare più lingue deve essere percepito da tutti come un valore oggettivo e, altrettanto, deve essere un valore il fatto che tutte le lingue hanno potenzialità espressive elevate e nessuna è da considerare come elemento di connotazione negativa. Prima di tutto, sul versante didattico, occorre, specialmente con gli alunni più grandi, sfruttare la conoscenza esistente della L1 di origine. A tal fine sarebbe opportuno che i docenti avessero alcune informazioni essenziali sulle caratteristiche delle lingue più parlate nella scuola e sviluppassero per tutti gli alunni (in particolare per gli alunni non italofoni pre-adolescenti e con una conoscenza sufficiente della lingua italiana, il confronto su come si esprimono nozioni linguistiche diverse, per es. spazio, tempo, misura ecc. nelle diverse lingue) attraverso una riflessione da attivare ogniqualvolta si ritenga possibile od opportuno. Purtroppo l’informazione sulle caratteristiche principali delle diverse lingue non è immediatamente reperibile e condivisa. Su questo versante l’Istituto non ha ancora attivato percorsi condivisi. Si è però appena iniziato a sviluppare un altro versante: quello di offrire agli alunni di origine straniera della scuola secondaria di I grado la possibilità di studiare alcuni contenuti disciplinari (in particolare quelli tecnici e scientifici) nella propria L1. È in fase di strutturazione una ricerca di materiali in tal senso, in particolare per quanto riguarda testi cinesi.
L’uso della propria L1 non è avversato. L’importante è che questo non venga utilizzato come uno strumento per escludere gli altri presenti.

Rendere visibili e vive le altre lingue
Un altro versante preso in considerazione e in continua evoluzione sulla base dell’osservazione è l’accesso all’informazione in più lingue. I cartelli e gli avvisi sono in più lingue. Anche in questo caso la collaborazione con il personale di segreteria è essenziale.
Nel giornalino della scuola vengono pubblicati articoli scritti direttamente nella  L1 con traduzione. Nelle classi si fanno attività riferite alle altre lingue (nel caso specifico è più spesso il cinese vista l’altra percentuale di alunni di questa origine).  La scuola partecipa a progetti Comenius, ad anni alterni organizza scambi di alunni e docenti con una scuola gemellata di Wen Zhou (Cina), appoggia tutte le occasioni di rapporto con classi di alunni di altre nazioni (p. es. l’ultimo è l’e-twinning con una scuola inglese)

Corsi in una delle lingue straniere parlate da gruppi di alunni
È ormai consolidato il corso di cinese per gli alunni di scuola secondaria di primo grado in orario extrascolastico. Si formano normalmente due classi (una delle quali per principianti) su dodici di questo settore dell’istituto.

Il teatro e altre attività per l’intercultura
Ogni volta che è possibile, viene utilizzato il teatro non solo come forma espressiva di ponte tra gli alunni, ma anche come espressione positiva e aperta della propria cultura. È stata messa in scena quattro anni fa la Cenerentola cinese rappresentata da alunni cinesi . Si è trattato di un evento di eccezione in quanto finanziato dalla Biennale di Venezia e dalla Regione Toscana. Ma il principio di far preparare attività espressivamente belle da parte di un gruppo di alunni che hanno la stessa origine si è dimostrato positivo.
L’iniziativa “Il Cielo sopra la Cina” (scienza e miti riferiti alla volta celeste) era all’interno delle iniziative per l’anno galileiano e ha visto la partecipazione di molte classi della scuola e l’esperienza “Tre giorni in Cina”, una occasione didattica offerta dal Comune di Firenze, viene utilizzata a rotazione dalla maggior parte delle classi.
Durante lo scambio di alunni e docenti con una scuola di Wen Zhou si svolgono attività connesse (musica, canto, ballo) che coinvolgono in forme diverse tutta la scuola.
Per la preparazione della manifestazione musicale di fine anno scolastico vengono preparate canzoni pop in varie lingue e,gli alunni che lo vogliono possono cantare una canzone di moda in quel momento nel loro paese. Nel caso specifico sono di solito alunne o alunni cinesi che si preparano per un karaoke. In alcuni casi partecipano allo spettacolo le insegnanti e gli alunni della scuola cinese ospitata di pomeriggio nei locali dell’istituto.

Le “finestre interculturali” per l’arricchimento del curricolo
Ogni docente, ogni anno, ha l’obbligo, condiviso nel Collegio, di aprire almeno una finestra interculturale per la/le disciplina/e insegnata/e. Si tratta di identificare un elemento significativo delle discipline scolastiche riferito ad altri paesi e di farlo apprendere come si fanno apprendere, con lo stesso grado di attenzione e la stessa cura nella valutazione, gli altri argomenti disciplinari. Per adesso abbiamo rilevato che l’ipotesi è abbastanza facilmente praticabile per la maggior parte delle discipline con alcune eccezioni per quanto riguarda le discipline scientifiche e tecniche. È necessario un supplemento di esplorazione e di riflessione.

Gli strumenti per l’insegnante
Gli insegnanti hanno a disposizione i materiali di vario genere del Centro Gandhi, alcuni rivolti agli insegnanti, altri utilizzabili con gli alunni. L’anno passato è stato sperimentato parzialmente il Quaderno dell’integrazione che è uno strumento flessibile e una buona base di partenza per l’insegnante. Il suo uso sarà gradualmente allargato a tutta la scuola.
Il Quaderno dell’integrazione è uno strumento che si propone di rilevare le dinamiche integrative degli alunni stranieri, osservare il contesto in cui avviene il percorso di inserimento e l’efficacia delle azioni messe in campo. A partire da sei indicatori  , individuati come centrali in tutte le storie di integrazione, l’osservazione può riguardare: la situazione di inserimento dell’alunno straniero; il “clima” relazionale in classe e fuori dalla scuola; i risultati ottenuti grazie alle iniziative realizzate.
Le proposte del Quaderno possono essere sfruttate in maniera flessibile per osservare aspetti diversi, in qualunque momento, del percorso didattico poiché riguardano sia l’ambito socio-affettivo sia quello linguistico relazionale. Il Quaderno guida e accompagna i docenti in un percorso che si costruisce giorno dopo giorno non casualmente,  ma con la partecipazione consapevole e competente di tutti i protagonisti.
In generale, l’esperienza sugli strumenti per l’insegnante mette in rilievo una contraddizione. Gli strumenti strutturati predisposti per gli alunni non italofoni sono spesso inevitabilmente necessari, ma non sono tarati, e non potrebbe essere altrimenti, sulle attività che effettivamente si fanno nelle singole classi. Questo ne rende spesso difficile o poco efficace l’uso in mancanza di una persona che nel piccolo gruppo faccia la mediazione tra lo strumento e i singoli alunni. Se la classe è organizzata come un laboratorio in cui gli alunni interagiscono tra di loro, i docenti (anche con la partecipazione degli alunni) costruiscono più facilmente strumenti di lavoro adeguati alla specifica situazione.

 


 

 
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