di Giovanna Caporaso
07 Aprile 2011
“L’orientamento è una mediazione fra sogni e
realtà”
Le scelte
che ogni individuo è chiamato a compiere, a partire da quelle che
caratterizzeranno la sua formazione, e che all'inizio vengono compiute
insieme alla famiglia, dipendono da una complessità tale che “orientare” le
persone significa saper far loro acquisire la maggiore consapevolezza
possibile di sé e di tutto quanto concerne i bisogni di apprendimento e
di realizzazione personale, e di conseguenza la “motivazione” a seguire una
strada piuttosto che un'altra. L'orientamento può veramente essere considerato
l'approccio fondante, il fil rouge dell'offerta formativa della scuola
che concorre con la famiglia a formare persone consapevoli delle proprie
competenze, attitudini, vocazioni. Lo scopo dell'orientamento è accompagnare gli
alunni a “scegliere”, nel senso di essere in grado di elaborare il proprio
progetto di vita.
L'insegnante è colui che possiede le conoscenze delle
discipline e dei campi di esperienza, e le mette a disposizione perché l’alunno
conosca meglio la realtà che lo circonda e la sappia decodificare. Ma quale
disciplina viene in aiuto al docente che sa che per aiutare i propri alunni a
scegliere e orientarsi non basta conoscere il mondo ma è necessario avere il
pieno controllo delle proprie emozioni, insieme ad una serie di life
skills che sono richieste per fronteggiare incertezza, complessità,
cambiamento, cosi diffusi nel nostro mondo?
È tempo di approfondire
meglio gli aspetti sociali ed emozionali dell'apprendimento, prendendo atto che
fino ad oggi sono stati trascurati dalla scuola, impegnata esclusivamente a
insegnare le discipline, e insensibile al fatto che proprio la cura di questi
aspetti sta alla base dell'apprendimento e del comportamento. La scuola dovrebbe
riuscire a integrare in un'unica strategia sistemica educativa e
formativa la dimensione didattica e disciplinare,
orientata a formare il lavoratore, con quella più psicosociale,
relazionale ed etica, orientata a formare la persona e il
cittadino.
L'empatia, la capacità di gestire e controllare i propri
sentimenti, la motivazione e la perseveranza, la capacità di comunicare e
collaborare con gli altri che sono, peraltro, implicite nelle cosiddette
“competenze alla cittadinanza” e che in parte sono già entrate a far parte dei
curricoli a livello internazionale e (in certa misura) anche a livello
nazionale, nella realtà non sono mai state assunte come traguardi fondamentali,
né sono state mai considerate prerequisito indispensabile per un buon
apprendimento dei vari campi disciplinari. Aderendo alla regola che
l'apprendimento deve partire dai bisogni e dagli interessi dei soggetti, siano
essi adulti o bambini, si è portati inevitabilmente ad ampliare gli orizzonti
della conoscenza, per intraprendere quei sentieri più o meno nascosti che
favoriscono il contatto con le emozioni. Emozione e ragione in un
percorso formativo integrato, in una correlazione dialettica perché
«non c'è alcuna conoscenza, alcuna esperienza nella vita che non sia
accompagnata da una tensione emozionale: premessa a ogni utilizzazione della
conoscenza acquisita razionalmente» (Borgna E., L'arcipelago delle
emozioni, Feltrinelli, 2001). L'educazione razionale-emotiva,
che è una procedura psicoeducativa atta a favorire una crescita affettiva
armonica nel bambino, mettendolo in grado di realizzare in pieno le proprie
potenzialità e il proprio benessere, contempla una serie di obiettivi che sono
parte integrante di questo curricolo chiave. È un'estensione in ambito
educativo della teoria e pratica psicoterapeutica ideata da Albert Ellis
che viene attuata attraverso un percorso didattico che conduce il bambino e
l'adolescente ad acquisire consapevolezza delle proprie emozioni e dei
meccanismi mentali sottostanti e ad apprendere procedure per fronteggiare in
modo costruttivo le difficoltà che può incontrare nell’ambiente scolastico e
familiare. L'esito di un compito o la possibilità di una scelta dipendono
innanzitutto da quale risultato ci aspettiamo di raggiungere. Se in passato
siamo stati "bravi" nel fare qualcosa di difficile, oggi affronteremo un
incarico simile con maggiore tranquillità e ottimismo, perché ci aspettiamo di
riuscirvi nuovamente. Il "sentirsi bravi" nel fare qualcosa e l'aspettarsi di
farlo bene è sicuramente un buon punto di partenza per avere successo. Gli
insegnamenti emozionali che apprendiamo da bambini a casa e a scuola ci
plasmano, rendendoci più o meno abili nella gestione delle abilità fondamentali
dell'intelligenza emotiva. L'infanzia e l'adolescenza offrono opportunità
importantissime per stabilire le essenziali inclinazioni emozionali che
governano la nostra vita.
La
stessa definizione di “didattica orientativa” può intendersi
come una prassi indirizzata alla stimolazione delle capacità - che
ogni individuo può elaborare o potenziare - di riconoscere i propri talenti
e il proprio potenziale, di valutare le proprie competenze e di sapere come e
dove indirizzarsi per l'accrescimento delle competenze possedute o per
l'acquisizione di competenze nuove.
Esiste la possibilità per i docenti
di porre in essere percorsi strutturati di Educazione Razionale
Emotiva all’interno di una programmazione annuale, integrandoli con le
materie curricolari. Con questa modalità i contenuti dell’Educazione
Razionale Emotiva vengono iscritti all'interno di quelle materie che
maggiormente si prestano a tale integrazione. Diversamente da un
approccio informale in cui concetti connessi al benessere emotivo
vengono trasmessi all'alunno mentre questi si trova ad affrontare una
particolare situazione difficile o, comunque, in modo occasionale ed episodico.
La consapevolezza delle dimensioni emotive e relazionali che sostanziano i
processi di apprendimento è di fondamentale importanza nella professione
educativa, ambito in cui le competenze relazionali non possono essere
considerate capacità spontanee, bensì acquisite attraverso specifici itinerari
formativi. Una delle più importanti azioni di sistema che una scuola può porre
in essere per promuovere l’orientamento integrato riguarda la formazione
dei docenti. Da una recente indagine condotta nella Regione Campania a
cura del Gruppo di lavoro regionale incaricato dal Ministero di individuare, a
livello territoriale, le buone pratiche di orientamento, è emerso che il 73%
delle scuole prese a campione non aveva predisposto corsi di formazione per
docenti.
Un modo in cui la scuola può aiutare l’adolescente è attraverso
la definizione di spazi di dialogo e di ascolto sia
individuali, sia di gruppo, condotti da insegnanti, tutor e psicologi,
su aspetti della vita scolastica o privata.
Bisogna abbandonare l’idea
che l’educazione sociale ed emotiva sia una perdita di tempo o, comunque, un
“lusso”. È un compito doveroso, oltre che necessario, se vogliamo dare
alle politiche della scuola e dell’educazione una svolta che vada con
consapevolezza e sistematicità nella direzione dell’”innovazione possibile” e
insieme promuovere lo sviluppo di un percorso integrato di formazione a
scuola per alunni capaci di costruire un sé in grado di
auto-orientarsi.
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