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MEDIA EDUCATION

Visible Thinking, Slow Learning

Strategie di apprendimento, luoghi e tempi per i NEET generation

di Isabel de Maurissens
30 Gennaio 2012

Il presente contributo presenta possibili strategie di apprendimento per i NEET generation (Not in Education, Employment or Training ) ripetenti, ma non solo. Tutti gli studenti incontrano difficoltà ad un certo punto nel loro percorso di studi. In quel momento, ci deve essere una sorta” fermo immagine”, bisogna chiedersi cosa non va per rimediare... Anzi meglio se le strategie scovate vengono a costituire un corpus organico e meglio ancora se queste strategie vengono insegnate dai docenti e integrate nel curriculum.

Da un rapido sguardo alla rete ci si rende conto che alcune Università italiane predispongono guide, test, tracce per aiutare gli studenti a capire il proprio stile di apprendimento e le possibili strategie da mettere in campo per affrontare meglio lo studio.
Ad esempio, la guida online dell’Università degli Studi di Milano dal nome evocativo “Lo studente strategico” affrontata la gestione del tempo di studio e la sua motivazione, i luoghi, i vantaggi del lavoro di gruppo, gli appunti e le tecniche del leggere e comprendere.
C’è da chiedersi perché questi argomenti fondamentali non vengono affrontati in modo sistematico già dalla scuole superiore di primo grado. Programmi come “The Mind That’s Mine” di Mel Levine , progetto sperimentato con la collaborazione di 400 studenti (ragazzi della V elementare alla prima media) fanno capire agli studenti i sistemi neuro-evolutivi e spiegano loro come metterli in relazione con gli obiettivi dell’apprendimento.
Gli studenti imparano cos’è il controllo dell’attenzione e come rafforzarlo, le strategie che favoriscono la comprensione dei concetti e la memorizzazione. Un altro progetto, di grande rilevanza e che potrebbe essere adottato da molte docenti e scuole pone l’attenzione proprio sul tema di questo articolo: le strategie di apprendimento. Si tratta del progetto Zero della Harvard University , condotto da Howard Gardner. In particolare la ricerca-azione “Visible Thinking” è tesa a sviluppare la capacità degli studenti di pensare attraverso le materie del curriculum. Da una parte sviluppa e rende “visibile” in loro la capacità di pensiero e dall’altra mette in condizione di approfondire i contenuti del curriculum.
Quando pensare diventa visibile, diventa chiaro che l’attività scolastica non riguarda memorizzare contenuti ma esplorare idee. L’idea di base è che si studia meglio quello che si vede e si sente. Gardner lo spiega bene utilizzando due metafore: immaginate d’imparare a ballare con tutti gli altri ballerini che siano invisibili oppure immaginate di apprendere uno sport quando i giocatori che già conoscono il gioco non possono essere visti.
Rendere visibile il pensare a se stessi, ai pari, del docente, della comunità di riferimento motiva lo studente ad imparare e stimola la meta cognizione. Le tappe previste da “Visible Thinking” - che prevede anche una formazione al riguardo - sono essenzialmente tre:

1. La routine del pensare che prevedono micro-strategie;

2. Il pensare ideale che prevede quattro concetti chiave su quali riflettere: comprensione, verità, correttezza e creatività. Gli ideali sono organizzati in moduli. Ciascun modulo dura 3 mesi e si adattano bene al curriculum.

3. La documentazione, che rende visibile il pensare e sostiene i modi per renderla accessibile (come ad esempio la registrazione delle conversazioni degli studenti, i loro pensieri emergenti, le discussioni in classe, i lavori dei piccoli gruppi).

Quello che rende efficace la documentazione, non è la semplice raccolta dei dati, immagini e conversazioni ma la sua analisi, la sua interpretazione e valutazione. Per questo Gardner propone due protocolli: MYST (Me, You, Space and Time) Me significa, come faccio, come docente, a rendere visibile il mio pensiero agli studenti? You come faccio come docente a rendere visibile il pensiero dello studente a tutti gli altri? Space, come utilizzo lo spazio della classe per rendere più visibile il pensiero? Time, come docente, come faccio a dare tempo per pensare nelle mie lezioni? MYST dovrebbe diventare una routine del docente tenuto conto anche dell’opportunità delle nuove tecnologie in classe.
A questo proposito, Rivoltella , nel report finale dell’attività di monitoraggio della LIM 2009-2010 constata come pur con la LIM in classe, gli insegnanti tendono ad attivare i tradizionali canali di accesso alla conoscenza (verbale/logica) in percentuale minore quella visiva e per nulla quelle cinetica, musicale, intrapersonale, naturalistica ed esistenziale.
L’altro protocollo di Gardener è LAST (Looking At Student Thinking). Con questo protocollo, il docente impara a porre l’attenzione sul lavoro dello studente, con un focus sui modi di pensare dello studente piuttosto che sulla valutazione del risultato finale.

A livello teorico, la tesi di Hattie , è molto simile a quella di Gardner: in un ottica costruttivista, non solo l’insegnamento deve essere visibile agli studenti ma anche l’imparare deve essere visibile ai docenti. Più lo studente diventa il docente e più il docente diventa lo studente maggior è la possibilità di successo dell’apprendere. Interessante, secondo Hattie, la tesi di Bereiter (2002) che a sua volta utilizza la tripartizione di Popper: il mondo fisico, il mondo mentale e il mondo delle idee e della loro realizzazione.
Secondo Popper questi tre mondi paralleli producono reale conoscenza. Hattie ha pubblicato le sue ricerche, approfondendo in modo sistematico lo studio dei soggetti dei fattori che influenzano la combinazione tra conoscenza superficiale, approfondita e la loro comprensione (lo studente, la casa, la scuola, il curriculum, il docente, le strategie di insegnamento).

A livello UE27, “imparare ad imparare” è considerata una competenza indispensabile. Le competenze sono viste come realizzazione di sé, in un ottica di Long Life Learning - dalla culla alla tomba - e quindi con un accento che si sposta nel tempo . L’apprendimento non è più una prerogative dell’infanzia e dell’adolescenza, secondo Gardner diventa il privilegio ma anche il dovere per tutta l’esistenza. Non ‘è nessuna evidenza scientifica che il cervello sia meno plastico e flessibile in età adulta. Anzi l’onnipresenza presenza dei media digitali rende possibile questo contatto .
Le strategie e la meta-cognizione non possono essere disgiunti da tempi e luoghi dell’ apprendimento. Secondo Canavaro la nozione di tempo è cambiata. Dal tempo irreversibile siamo passati oggi a un tempo apparentemente senza confini e le nuove tecnologie danno infatti la possibilità del remake, del rewind delle esperienze. Gardner, ricordando un libro di Kehlman afferma che “le tecnologia ci hanno collocati in un mondo senza luoghi certi. Si può essere dappertutto e visto che non si può controllare nulla, qualsiasi cosa si immagini, in fondo, diventa anche vera. Se nessuno può dimostrami dove sono, se perfino io non ne sono assolutamente certo, dove può essere l’istanza che decide?”

Secondo Canavaro, tuttavia si tratta solo di un’illusione; il nostro fisico, la nostra condizione materiale non ha una reversibilità; il tempo che vive il corpo non può essere rivissuto. Sempre secondo Canavaro, abbiamo una minor capacità di attesa, l’immediatezza della richiesta e delle prestazioni scolastiche da parte degli insegnanti, al loro volta pressati dal Programma scolastico, sono alla fonte di molte difficoltà di apprendimento. Cogliere l’attimo (dell’apprendimento) può richiedere tempi e luoghi diversi. Nella scuola attuale, i tempi e il luogo sono cosi definiti che è davvero negata la possibilità di perdersi anche solo per pensare: eppure perdersi, come testimoniamo alcune antiche storie italiane (in primis quella di Cristoforo Colombo) a volte permette di trovare meglio la strada.

Perdersi non è il contrario dell’orientarsi; perdersi costituisce una rottura tra il mondo là fuori e la sua rappresentazione nel cervello . Ed è forse quello che succede allo studente, spesso si perde senza però nessun cartografo interiore.
Reinhold Messner, il famoso scalatore addirittura dice: “impariamo quasi solo grazie ai fallimenti. Noi uomini siamo predisposti per imparare qualcosa soltanto quando ci arriva una bella doccia fredda. Finché le cose ci riescono, finché riusciamo a realizzare i nostri progetti senza difficoltà, non sappiamo affatto perché le cose ci riescono.”

Slow learning non è una corrente di pensiero, ma semplicemente riprende la filosofia di Slow food applicata all’educazione: sviluppare strategie per pensare; ripensare i luoghi e i tempi dell’educazione. Quindi promuovere un apprendimento significativo e durevole (Ausebel, Novak), autentico (l’apporto della Gestlat) riflessivo (Schon) dove il pensiero è visto come produttivo (M.Wertheimer), e la memoria vista come riorganizzazione (Katona) in un ottica di Long Life Learning. Ma il concetto deve ormai essere allargato: educazione, informazione e intrattenimento sono tutto uno. Quindi l’educazione, l’informazione e l’intrattenimento non si muovono più in contesti rigidamente separati ma si intrecciano in modo indissolubile. (Trinità di Briggs/Burke) . Andiamo oltre alla classico schema di separazione tra apprendimento incidentale apprendimento intenzionale. Il tempo viene scandito secondo le proprie necessità; non un apprendimento isolato ma sopportato da una comunità. E’ l’altra faccia della medaglia dell’apprendimento personalizzato, perché quella è la visione dall’alto. Si tratta invece della visione dal basso, che mescola vita quotidiana, scolastica e di intrattenimento.

Si può facilmente intuire che se l’educazione, l’informazione e l’intrattenimento erano - ancora lo sono - ambiti disciplinari separati; ogni ambito tendenzialmente aveva e ha le sue specificità e soprattutto i suoi strumenti: l’educazione usa la lavagna prima di gesso adesso digitale; l’informazione, i giornali cartacei adesso digitale, e l’intrattenimento i giochi anche elettronici. Ma gli ambiti si stanno contaminando e sfocando. Riferendosi alla post-modernità, Lyotard nota che i confini tra entità simboli e poli di attrazione di un tempo non sono più così chiari (lo stato-nazione, i partiti, l’educazione ecc.) per cui gli individui sono capaci di plasmarsi un’identità senza appartenenza a categorie pre-definite come invece nell’epoca moderna, dove tutto era omogeneo e ben definito. Ma ci vuole tempo.
Slow learning non riguarda quindi alunni certificati, ma alunni che hanno difficoltà durante il percorso scolastico, alunni che vengono bocciati una o più volte senza che siano messe in causa le loro abilità cognitive e che alla fine abbandonano la scuola, andando a nutrire il popolo degli invisibili 17 o più comunemente chiamati NEET generation (not in education, employment, or training).
Come sottolinea Rosalba Conserva, evocando il pensiero di Gregory Bateson, comprendere come si impara – come un qualsiasi organismo vivente impara – è di fondamentale importanza. Riferendosi alla capacità di studiare, continua la Conserva nel suo interessante libro su Bateson, la tendenza del bignami è diventato ormai un modello, riassumere quello che già era riassunto. Secondo Raffaele Simone comprendere è parafrasare e cioè procedere in modo inverso quindi non la riduzione ma l’ampliamento del testo di partenza, esplicitazione di ciò che sta “tra le righe”, il non detto, i buchi d’informazione. Certo siamo ben lontani dai multiple choise che costringono lo spirito e l’anima dello studente a crocettare il sapere. Nello stesso ordine di idee, Edward Tufte , Professore emerito presso la Yale University in statistica, critica molto l’uso del power point , anche nell’educazione. Secondo lui, il power point dà troppo peso al formato mentre i contenuti vengono distorti e banalizzati. In particolare nella scuola, egli critica le presentazioni power point da parte degli studenti. I power point contengono 80 parole che corrispondono in 15 secondi di lettura silenziosa a fronte di una settimana di lavoro. Tuttavia Gardner nota che Il flusso di informazione che ci arriva tramite le media richiede la sintesi, non la semplificazione, ci vuole una sintesi “just in time” .
Secondo Gardner, non esiste l’egemonia di una verità e di un ordine di verità e spesso in contraddizione con il senso comune, il ruolo dell’educazione è quindi quello i educare ad una pluralità di verità attraverso tutte le materie disciplinari adottando delle strategie. Educare dunque al buon non senso comune e capire come i modi in cui i specialisti di ogni disciplina stabiliscono e confermano la conoscenza.


L'articolo, comprensivo delle note a pié di pagina, è scaricabile in formato pdf.

Per commenti o per contattare l’autrice: i.demaurissens@indire.it

Le foto sono di Ed Yourdon

 
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