Indire, sito ufficiale
Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa MIUR
immagine di contorno      Formazione separatore dei progetti      Documentazione separatore barra alta      Didattica separatore barra alta      Comunicazione separatore barra alta Europa
contorno tabella centrale
MEDIA EDUCATION

Manipolare quel che si crea, un altro modo per imparare

Le stampanti 3D e l'intelligenza spaziale

di Lorenzo Guasti
18 Luglio 2014

Le stampanti 3D stanno passando da essere un oggetto di nicchia a diventare un prodotto di largo consumo, grazie a numerosi progetti - alcuni open source, altri proprietari - che gradualmente conducono alla realizzazione di dispositivi semplici, affidabili e relativamente poco costosi. A breve assisteremo anche all'uscita sul mercato delle stampanti prodotte dai grandi brand internazionali (HP, Samsung, ecc.) e questo sarà il momento in cui l’oggetto diventerà del tutto consumer, cioè facilmente usabile e di largo consumo.


Che cos'è una stampante 3D
Una stampante 3D è una macchina che produce oggetti solidi in vari materiali come la plastica, il metallo e la ceramica, partendo da un disegno digitale dell'oggetto, realizzato con un software di modellazione 3D, tipo 3D Studio, Blender, Tinkercad, quest'ultimo pensato appositamente per i ragazzi. Uno dei metodi più diffusi ed economici per ottenere la stampa tridimensionale di un oggetto è il processo di produzione additiva di materiale, ossia la sovrapposizione del materiale in strati, che avviene riscaldando un filamento plastico, poi depositato con una specie di piccolo imbuto riscaldato, denominato "estrusore"; un altro metodo, più costoso ma migliore dal punto di vista della qualità del prodotto finale, è la tecnologia “Laser stereolitografia” con la quale, grazie a un laser, si solidificano microscopiche particelle di plastica in sospensione in una miscela liquida.

Il materiale più usato dalle stampanti con tecnologia a sovrapposizione di strati è la plastica, con caratteristiche termoplastiche. Esistono in commercio due materiali compatibili con la maggior parte delle stampanti sul mercato, l’ABS e il PLA. L’ABS (Acrilonitrile-butadiene-stirene) è più resistente del PLA, ma richiede una temperatura maggiore per l’estrusione (240-250°C). Queste caratteristiche lo rendono più appropriato per la realizzazione delle parti piccole dei prodotti. In generale, è adatto a realizzare prodotti resistenti agli urti e all’usura. È il materiale con cui sono realizzati i blocchi del Lego. Il PLA (Acido Polilattico) è un biopolimero derivante dall’amido di mais e completamente biodegradabile. Tra i vantaggi che il PLA presenta rispetto all’ABS c’è la possibilità di avere molti più colori e una maggiore elasticità che permette la creazione di oggetti come molle o simili.


Breve storia delle stampanti 3D
Le stampanti sono nate, come la maggior parte dei prodotti a forte impronta tecnologica, per scopi industriali. In particolare sono state sviluppate, usando molteplici tecnologie, per la prototipazione rapida di oggetti da testare e poi eventualmente mettere in produzione usando tecnologie diverse dalla stampa 3D. La stampante è di per sé un prodotto di ricerca, ideato e utilizzato per la realizzazione di oggetti nuovi. Anche la storia delle diverse tecnologie di stampa 3D dimostra quanto si sia studiato in questo ambito e quanti siano ancora gli sviluppi possibili.

Dalle industrie la stampante 3D si è diffusa poi in laboratori di moderni artigiani chiamati “makers”, nei laboratori didattici (Fab Lab) e infine nelle scuole, prevalentemente negli istituti tecnici, luoghi in cui ha trovato una naturale applicazione con i corsi di disegno e progettazione meccanica. Ad oggi la sua diffusione riguarda scuole di diverso indirizzo e ordine, e la stampante 3D è adottata per stimolare l'esplorazione della tridimensionalità, anche in termini ludici.

Dove esistono una narrazione e una storia, la stampante acquisisce una sua collocazione in quanto strumento che realizza l'oggetto della storia. Nelle mani di un adolescente, può fare in modo che la storia continui con un gioco in classe e con l’interazione degli oggetti stampati.

Si sta già diffondendo la convizione che le stampanti 3D a scuola aggiungano valore ad alcuni aspetti didattici, sebbene le esperienze siano ancora sperimentali e prevalgano nel mondo anglosassone, mondo in cui la didattica laboratoriale è certamente ben praticata. Dalle esperienze maturate in Italia e all’estero, a partire dal 2011, si è compreso che la stampante 3D è utile a rendere innanzitutto concreto e poi manipolabile un disegno tecnico tridimensionale  (motivando così lo studio di materie specifiche) ma è utile anche come “amplificatore” di alcuni aspetti squisitamente didattici. Incentiva infatti lo studente all’ideazione spaziale offrendo la possibilità di "creare" oggetti, rendendo possibile immaginare come sono fatti, di quali componenti sono composti, come si rapportano i singoli pezzi tra loro. È convinzione condivisa, e sarà il tema di una futura ricerca condotta dall’Indire, che fin dall’età prescolare la stampante stimoli la fantasia e la voglia di indagare il mondo tridimensionale, poiché consente all’insegnante e agli studenti di realizzare effettivamente quello che hanno ipotizzato, immaginato e progettato.

Stampanti 3D e scuola sono due mondi che sempre più comunicano tra loro, come dimostrano molti progetti di hardware, software e applicazioni che nascono a livello mondiale. Il primo esempio di questa tendenza è dato dalla stampante Printeer, pensata appositamente per i bambini. A differenza di altre stampanti 3D, l’utilizzo di Printeer non richiede elevate competenze tecniche o ingegneristiche. Non c'è bisogno di imparare software CAD e funziona su iPad, una piattaforma più accessibile di un PC standard. Inoltre non richiede passaggi intermedi tra il design e la stampa 3D: si disegna sull’iPad e si manda direttamente in stampa. Lo stesso principio era stato sviluppato, qualche mese prima, dal gruppo di Doodle3D con un sistema di applicazioni che consentono di disegnare sul tablet (o sul PC) e poi inviare i dati direttamente alla stampante, tramite un dispostivo USB già fornito. L’abbattimento delle difficoltà tecniche per la stampa di oggetti semplici rende l’uso delle stampanti più appetibile in quelle classi in cui i docenti non hanno una preparazione tecnica elevata, e consente di scegliere un percorso di didattica laboratoriale con strumenti intuitivi.


Gli aspetti didattici
I motivi per cui si ritiene che le stampanti 3D possano essere utili a scuola sono molteplici.
Alcuni ricercatori, tra cui Jonathan Wai, ritengono che le stampanti 3D e in generale il movimento “makers” siano in grado di sviluppare avanzate capacità di “intelligenza spaziale” (anche in questa pubblicazione) ovvero la capacità di comprendere lo spazio tridimensionale (Recognizing Spatial Intelligence). Cosa sia l’"intelligenza spaziale" e perché sia utile migliorarla viene spiegato in "Recognizing Spatial Intelligence" (Park, Lubinski e Benbow), testo nel quale si afferma che l’intelligenza spaziale è la capacità di generare, ruotare e elaborare mentalmente oggetti tridimensionali. Un'altra definizione è fornita da Rachel Burkot in "What Is Spatial Intelligence?" in cui si sostiene che questa è la capacità di trarre conclusioni precise dall’osservazione di un ambiente tridimensionale. Si tratta di interpretare e formulare giudizi sulla forma, la dimensione, il movimento e le relazioni tra gli oggetti circostanti, insieme alla capacità di immaginare e manipolare realizzazioni 3D di cose che non sono immediatamente visibili.

Possiamo anche aggiungere che un oggetto stampato con una stampante 3D, nelle mani di uno studente o di un designer può colmare il divario tra la semplice percezione visiva e l’esperienza della visualizzazione spaziale tridimensionale, e quindi promuovere un cambiamento di approccio. Una cosa semplice come maneggiare un prototipo stampato, piuttosto che analizzarlo a monitor, può avere un profondo effetto positivo. Una stampante 3D contribuisce in modo determinante allo sviluppo dell'immaginazione, qualità che anche a scuola dovrebbe sempre essere valorizzata.

Calibrando gli esercizi in base all’età e alle competenze acquisite, il processo di ideazione e realizzazione di oggetti reali è molto facilitato dalla possibilità di stampare concretamente l’oggetto e verificarne il funzionamento pratico. Ciò vale per esercizi semplici adatti a bambini dai cinque anni in su, per esempio disegnando e stampando sagome; ma vale anche per gli studenti degli istituti tecnici, scuole in cui gli istruttori di disegno tecnico (CAD) sono chiamati a proporre progetti di oggetti meccanici e studiarne l'ingegneria, con la possibilità di vedere, toccare, tenere in mano i prodotti dei loro disegni. Questo migliora la percezione di molti studenti che, disegnando sullo schermo del computer i soli modelli, li percepivano come astratti e irrealizzabili. Una stampante 3D è invece in grado di concretizzare tali modelli creandone versioni tangibili.


Dalla classe alla scuola
Un aspetto interessante riguarda la possibilità di organizzare progetti coinvolgenti più classi. La pratica è sviluppabile in "orizzontale", con classi di pari grado ma diverso indirizzo oppure in "verticale", con la collaborazione di studenti di età diversa, ognuno coinvolto per le competenze che ha. I vari compiti necessari alla realizzazione di un oggetto stampato sono distribuibili tra gli studenti e ciò favorisce l’interdisciplanrietà e l’ideazione di speciali curricola verticali. Il progetto didattico è condivisibile dall'intero corpo docente e studentesco, anche e soprattutto in istituti comprensivi.

Un esempio tangibile è la possibilità di stampare modelli di fossile, un'attività interdisciplinare in grado di coinvolgere discipline come storia, geografia, archeologia e tecnologia e di aprire anche possibiltà di formazione inclusiva: ai non vedenti , per esempio, consente di capire la forma e la dimensione di questi reperti senza la necessità di manipolare gli originali conservati in museo.

In Italia le stampanti 3D entrano nella scuola già dal 2011. Il primo progetto di cui si ha notizia ha preso forma al Liceo ITIS "E. Scalfaro" di Catanzaro dove il prof. Talarico, in collaborazione con la start up Kentstrapper ha avviato una serie di incontri concretizzatisi nella realizzazione del “Levitron”, un dispositivo che crea un campo elettromagnetico in grado di far levitare piccoli oggetti metallici.

Da allora, i progetti si sono moltiplicati su tutto il territorio nazionale, riguardando nella maggior parte dei casi scuole secondarie di secondo grado, e in particolare gli istituti tecnici.
Tra i tanti progetti, ne citiamo però uno particolarmente innovativo realizzato dall'Associazione scuola Stoppani della scuola primaria "Stoppani" di Milano: Elementare 3D. Con l'aiuto degli esperti del Fablab di Milano e dell’Associazione WeMake, i bambini hanno avuto l’occasione di scoprire come, da un disegno realizzato al computer e da loro creato, con un software molto intuitivo come Tinkercad, sia possibile arrivare alla realizzazione vera e propria di un oggetto tridimensionale, stampato e prodotto in 3D davanti ai loro occhi.

Un altro progetto cui la stampa ha dato risalto e che ha avuto il merito di far conoscere su scala nazionale le opportunità offerte dalla stampante 3D a scuola, è stato promosso dal Liceo scientifico "Malpighi" di Bologna. Nato da un'idea di Maurizio Sobrero, docente di ingegneria economica e gestionale all’Alma Mater di Bologna, è stato realizzato insieme all'associazione "MakeinBo". Un gruppo di 20 studenti, dalla prima alla quinta classe, ha seguito ogni venerdì pomeriggio un percorso extra-curricolare grazie al quale i ragazzi hanno imparato prima a disegnare in 3D e poi a stampare e personalizzare i propri oggetti.

A livello internazionale, segnaliamo l’iniziativa descritta dalla giornalista Kathleen Costanza sul sito "Remake Learning". La giornalista racconta di Miriam Klein, libraia e insegnante inglese presso lal Cornell School District, che ha sperimentato l’uso di robot (del produtture Hummingbird) in classe per costruire i personaggi delle storie che i suoi studenti leggono. L’idea si basa su un approccio di tipo makers, laboratoriale, in cui l'obiettivo degli insegnanti e della scuola in generale è quello di preparare i bambini a risolvere i problemi, approccio che il curricolo scolastico italiano ancora non prevede. Gli insegnanti del progetto hanno sperimentato in prima persona il modo in cui i bambini sviluppano conoscenza e imparano facendo.


Le iniziative future
L'Indire, considerate le incoraggianti premesse sopra enunciate, ha intrapreso un percorso conoscitivo del fenomeno, articolando la ricerca in tre fasi che qui descriviamo brevemente. La prima fase, tutt'ora in atto, è stata di studio e di approfondimento e ha coinvolto alcuni insegnanti che hanno direttamente sperimentato l'uso della stampante in classe. Quindi ha avuto luogo l'incontro con diversi professionisti e produttori di stampanti per approfondire gli aspetti tecnici di questi strumenti. Si sono anche presi in considerazione gli eventuali rischi causati dalle emissioni durante il riscaldamento della plastica. La seconda fase, che partirà a breve, consiste nel testare le stampanti in due scuole dell’infanzia, avviando così un progetto di ricerca vòlto all’osservazione dei mutamenti in classe legati all'introduzione di questo nuovo strumento. La terza e ultima fase sarà avviata solo se l’esito della ricerca in atto produrrà risultati positivi: si allargherà il numero di scuole coinvolte e sarà applicato un protocollo di ricerca diverso, con l’obiettivo di definire una metodologia didattica da proporre in seguito a chiunque voglia intraprendere questo tipo di attività.





Bibliografia Essenziale

Paulo Blikstein, Digital fabrication and ‘making’ in education: the democratization of invention, in J. Walter-Herrmann & C. Büching (Eds.), FabLabs: Of Machines, Makers and Inventors. Bielefeld: Transcript Publishers, 2013

David Thornburg Ph.D. (Author), Norma Thornburg MA (Author), Sara Armstrong Ph.D. (Author), Gary S. Stager (Foreword). The Invent To Learn - Guide to 3D Printing in the Classroom, Recipes for Success, Thornburgh Center, 2014


Sitografia

 

Immagini Creative Commons

 


Lorenzo Guasti da gennaio 2014 è ricercatore tecnologo presso l'Indire, istituto con il quale collabora fin dal 2006. Negli anni si è occupato di comunicazione cartacea e web, documentazione fotografica, innovazione tecnologica. Attualmente segue il fenomeno dei "makers" e gli scenari che questo movimento genera nel sistema scolastico italiano e internazionale.

 
Articoli correlati

Social network, narrazioni e identità digitali
di Redazione (15 Giugno 2015)

Il tablet e l’inclusione scolastica
di Silvia Panzavolta (31 Ottobre 2014)

Quando la classe è digitale
di Elena Mosa (01 Luglio 2013)

Soluzioni di apprendimento e tecnologie didattiche
di M. Gentile, G. Filosi, M. R. Gaetani, F. Pisanu (12 Dicembre 2012)

Rappresentare la conoscenza
di Francesco Vettori (05 Luglio 2012)

Dalle mappe concettuali allo spazio digitale
di Francesco Vettori (03 Luglio 2012)

I database digitali e la carta geografica
di Francesco Vettori (03 Luglio 2012)

Dalle digital skills alla digital competency
di Elena Mosa (02 Aprile 2012)

Il contributo dell’Unione Europea per ogni europeo digitale
di Fiora Imberciadori (02 Aprile 2012)

A colloquio con l’Europa sulle classi creative
di Elena Mosa (01 Aprile 2012)

Intervista al Prof. Alfonso Molina
di Francesco Vettori (30 Marzo 2012)

Il valore educativo delle dinamiche del gioco
di Andrea Benassi (21 Febbraio 2012)

Visible Thinking, Slow Learning
di Isabel de Maurissens (30 Gennaio 2012)

Crossmedialità e apprendimento
di Isabel de Maurissens e Silvia Panzavolta (30 Settembre 2011)

Considerare lo sviluppo della LIM nel suo contesto olistico
di Giovanni Nulli (17 Luglio 2009)