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CINEMA

Un film, una cura contro la 'patologia dei libri'

All'Università di Firenze si fa didattica anche attraverso il cinema. Da un film si impara di più - dicono gli studenti - e ci si confronta meglio

di Silvia Panzavolta
04 Dicembre 2003

Il regista Federico Fellini e l'attrice Noel MagaliIl Prof. Sandro Candreva, docente di Psicologia Dinamica presso l'Università di Firenze, Facoltà di Psicologia, utilizza da 15 anni il cinema come mezzo comunicativo ed educativo. Molte delle lezioni sono incentrate sulla visione di un film, selezionato dal Professore e particolarmente significativo rispetto alle tematiche che tratta nel suo corso. L'esame che gli studenti devono poi sostenere verte proprio sull'analisi di un film. Gli strumenti di analisi e la metodologia viene acquisita dallo studente durante tutto il corso dell'anno.

Abbiamo intervistato il Prof. Candreva per approfondire le ragioni della sua scelta, le riflessioni educative e l'esperienza dal suo punto di vista di educatore.

Perché ha pensato di utilizzare materiale video nelle sue lezioni?

Freud ricevette il premio Goethe per la letteratura ed i suoi casi clinici sono sopravvissuti all’attenzione per quasi un secolo anche perché beneficiano della sua capacità artistica. Questa qualità è rara nella letteratura specialistica. Esistono – per fortuna - film che sanno rendere caratteri e relazioni in una maniera che lo stesso Freud invidiava alla letteratura. Suppongo che se avesse assistito allo sviluppo pieno del mezzo cinematografico sarebbe stato un appassionato cinefilo forse anche più di quanto fu appassionato lettore e della grande letteratura. Poiché il cinema ha i mezzi per surclassare la resa drammatica persino del teatro che produsse Edipo.

La metodologia che lei utilizza ha una qualche cornice teorica di riferimento o è frutto di una Sua "invenzione"?

Lo chiamerei piuttosto un "accostamento" inedito (e un po’ "irriverente") tra personaggi cult del cinema, come ad esempio Bruno nel film 'Il Sorpasso' di Dino Risi, la diagnostica e la dinamica dei disturbi di personalità e i relativi approcci psicoterapeutici. Non posso ignorare d’aver letto, a suo tempo libri famosi come quello di Metz o di Deleuze mentre mi interessavo di semiotica nei corsi internazionali dell’Università di Urbino, ma più ancora devo ricordare che fino da ragazzo andavo al cinema come i Greci antichi andavano a teatro: per imparare la vita.

La modalità di lavoro e di analisi sul film è individuale? Oppure di gruppo? Può precisare i motivi della sua scelta?

Individuale è l’analisi che costituisce la prova finale d’esame; durante il corso suscito e raccolgo impressioni e osservazioni del gruppo dei frequentanti. Ritengo che il confronto con la diversità dei modi di percepire, di sentire, di pensare sia parte essenziale dello scopo didattico di una disciplina come la Psicologia Dinamica.

La valutazione in sede d'esame verte sull'analisi di un film? In che modo vengono utilizzati gli strumenti tradizionali - cioè i libri di testo?

I libri di testo vengono impiegati all’analisi del film, dei suoi personaggi e dello sviluppo dell’azione. I libri non sono i padroni che dettano legge alla realtà, al contrario sono i servi che aiutano a comprenderla per migliorarla.

Come opera la selezione dei film che proietta in classe? Si avvale di qualche fonte autorevole o servizio specializzato?

Mi servo della mia esperienza di spettatore da "psicheforum" formato come psicoterapeuta e scelgo film che consentano di fare nessi tra il tema che si presenta nell’attualità della vicenda e gli antecedenti biografici del personaggio. Ma la capacità espressiva del film è un criterio di scelta altrettanto importante.

Cosa consiglierebbe ad un insegnante che volesse utilizzare il cinema come strumento per innovare la sua didattica? Quali strategie pedagogiche consiglierebbe (presentazione prima della visione, discussione successiva alla visione, discussione in gruppi, scrittura individuale ecc.)? Quali variabili dovrebbero essere considerate?

Da tempo in Psicologia si porta attenzione di studi sulla forma narrativa del pensiero che segna l’origine della capacità stessa di pensare. Il buon cinema tiene il posto che fu di Omero nel memorizzare eventi di interesse collettivo. Portare in narrazione con l’aiuto del cinema contenuti che possono essere i più vari (ho in mente prima di tutto la storia, ma non solo) è LA strategia didattica per eccellenza. La tattica della presentazione del materiale deve essere prima di tutto sensibile al momento del gruppo discente e piegare ad esso l’alternarsi dei modi, ma, in ogni caso, riuscire ad attivare la funzione-gruppo (che, a sua volta, è la più radicata delle forme di organizzazione psichica) mi risulta molto produttivo ai fini della formazione dell’individuo.                 

 

Pensa che l'utilizzo di un canale comunicativo più immediato - quello visivo - favorisca l'apprendimento? Oppure si avvale di tale canale perché veicola contenuti a maggiore carica simbolica?

I simboli come tali sono essenzialmente visivi, visuali e condensano visioni che solo il momento della riflessione può articolare in discorso. Il passaggio da immagine a parola, prima durante o dopo una visione cinematografica, è un momento didattico essenziale che mette a frutto l’esperienza dello spettatore rendendola a sua volta narrabile, mette in moto – si dice - l’emisfero sinistro, sottrae comunque lo spettatore all’ "effetto trance" che coinvolge – si dice - l’emisfero cerebrale destro.

Secondo la Sua esperienza, l'elaborazione cognitiva di una situazione problematica viene favorita dall'esperienza emotiva - cioè dal coinvolgimento emotivo che si crea nello spettatore?

Prima che un favore l’esperienza emotiva è ciò da cui tutti proveniamo e che abbiamo imparato, più o meno bene, a ri-conoscere per governarla. Ogni volta che vogliamo o dobbiamo apprendere qualcosa di nuovo, ripercorriamo e ristrutturiamo le esperienze emotive che avevamo fino a quel momento codificato cognitivamente in un certo modo. C’è della violenza nella didattica, come nel vivere.

Lei utilizza prevalentemente materiale artistico, cioè film, e molto meno - invece - materiale documentario, come ad esempio videocassette specialistiche. Perché?

Ho usato anche documentari, ad esempio ricordo un ottimo documentario sulla personalità multipla, ma preferisco film per tutte le ragioni sopra dette: m’interessano eventi e situazioni della vita quotidiana PRIMA del dibattito delle teorie e delle opinioni su di esse. Freud pensava che l’apprendimento avviene, se avviene, soltanto nel transfert, cioè nell’innesto tra l’esperienza sedimentata del discente e il suo coinvolgimento in un’esperienza per lui nuova.

L'autoanalisi, in particolare l'analisi del controtransfert, è fondamentale nella relazione psicologo-paziente, perché in ogni relazione - e anche in quella terapeutica - il rischio di attribuzione agli altri delle nostre emozioni e pensieri è molto alto. In quale modo sollecita i suoi studenti a tale analisi?

Il governo del controtransfert è il punto d’approdo dell’intera formazione analitica ed esercitarlo non è mai semplice e privo di rischi. Sollecito fin dall’inizio gli studenti a notare l’effetto che personaggi e vicende hanno sulle loro reazioni e giudizi immediati. Nel compito scritto finale le impressioni di controtransfert occupano il primo posto, prima dell’analisi delle dinamiche, dell’ipotesi diagnostica e della ricognizione dei fattori terapeutici rilevabili nelle vicende. Ma queste impressioni soggettive non entrano a far parte della valutazione e votazione dell’esame: le considero una prima esercitazione della soggettività individuale sul materiale mostrato. La formazione analitica, se eventualmente lo studente la intraprenderà, è molto lunga e richiede, come è noto, quel confronto serrato che si chiama analisi personale.


Abbiamo chiesto ad alcuni studenti e ex-studenti un feed-back sulle loro impressioni, considerazioni e difficoltà. Tra le risposte più significative abbiamo selezionato quelle di Francesco Albanese, ex allievo e laureando in Psicologia.

    Che cosa ne pensi della metodologia educativa adottata dal Prof. Candreva?

    Il corso di Psicologia Dinamica del Prof. Candreva è stato uno dei più bei corsi che abbia seguito in questi cinque anni. L'idea della proiezione dei film e del successivo commento, sia suo che dei frequentanti, nonché l'aver proposto un insieme di aree tematiche (i "contenitori", richiamando Bion) a cui riferire ogni parte del film e ciascuna parte teorica della sua spiegazione, ha garantito l'analisi in profondità degli argomenti e la creazione di fili logici di senso tra tematiche apparentemente non collegate.

    Pensi di aver imparato meglio la materia grazie a questa metodologia?

    Attraverso la proiezione ed il commento dei film è stata paradossalmente portata in aula "la patologia dei libri". I corsi di laurea di Psicologia non offrono purtroppo grandi occasioni di esperienza, così ci si deve ridurre ad immaginarsi situazioni che rappresentino il narcisismo, il borderline, o altro, se non addirittura semplici dinamiche di relazione interpersonale. La visione a l'analisi dei film ha consentito di vedere "in scena" le caratteristiche peculiari di alcune aree psicopatologiche, spesso rappresentate dai manuali come un freddo elenco di indicatori. 

    Che tipo di difficoltà ha comportato un lavoro così intensamente centrato sull'analisi di un film?

    La difficoltà è stata quella di non potersi permettere di ricevere informazioni in modo passivo. Questo ha comportato un costante impegno ed una assidua partecipazione alle proiezioni, un lavoro personale di riflessione su quanto visto/detto/sentito in aula e una grande fiducia nel credere che a fine corso tutto quell'insieme di informazioni apparentemente scollegate avrebbe preso una forma ed il cerchio si sarebbe chiuso. Ed infatti così è stato.


    di Silvia Panzavolta, webzine Indire (s.panzavolta@indire.it)

    L'immagine è tratta dall'archivio DIA, Indire (concesso da Olycom)

     
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