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STANDARD DI APPRENDIMENTO

Standard e competenze secondo l'ISFOL

L'Intervista a Gabriella di Francesco, una esperta in materia, per focalizzare i nodi cruciali del dibatto in Italia

di Indire Comunicazione
21 Gennaio 2004

Foto tratta dall'archivio immagini DIA di Indire - concessa da OlycomGabriella di Francesco, dirigente dell'Area di ricerca "Metodologie per la Formazione e la Certificazione" dell'Isfol (Istituto per lo Sviluppo della Formazione dei Lavoratori), è membro del Comitato Nazionale dell'IFTS (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore), presso il MIUR, per la definizione degli standard di competenze e la sperimentazione di modelli innovativi di progettazione e certificazione. A lei, una delle massime esperte in materia, abbiamo chiesto delucidazioni su un tema oggi tanto dibattuto.


Per quale ragione vengono introdotti gli standard? Cosa sono e per cosa si caratterizzano?

Lo standard ha una funzione regolativa, in quanto introduce norme, modelli, regole con valore cogente; ha anche una funzione autoregolativa, in quanto orienta i soggetti ad adeguare prodotti, processi e comportamenti al rispetto delle norme e alla conformità alle regole indicate nello standard; ha un valore sociale in quanto la legittimazione dello standard e la sua stessa applicabilità derivano dall’essere un elemento condiviso fra soggetti;  ha un valore storico e contestuale perché la sua corretta definizione dipende da una pluralità di fattori esterni ed interni al sistema oggetto di standard (quali la sensibilità dei soggetti e le priorità che in quel momento vengono assunte, la complessità dei sistemi coinvolti, il livello delle tecnologie, i contesti normativo, economico, sociale, culturale, ecc.). Ciò determina una necessaria e costante revisione degli standard che ne garantisca, nel tempo, il mantenimento della validità e del senso.
Attraverso il processo di standardizzazione si va a ridurre la varietà dei casi reali ad una loro forma ritenuta valida e si definisce, quindi, una norma generale; quanto viene perso in ricchezza si guadagna in trasparenza, in efficacia delle comunicazioni, in certezza delle transazioni, in tutela dei soggetti.
In campo formativo il valore degli standard (nelle diverse accezioni di cui al successivo punto 7) si concretizza nella possibilità di regolare il sistema formativo, di integrare i sottosistemi, di fare dialogare formazione e lavoro, di dare certezza agli utenti, di favorire la trasparenza e la riconoscibilità delle attestazioni, di facilitare la mobilità degli individui sia all’interno di uno stesso paese sia tra paesi diversi, di certificare le competenze e riconoscere crediti fra percorsi, sistemi e filiere, di capitalizzare nel tempo le competenze acquisite, di promuovere la flessibilità e la personalizzazione dei percorsi formativi.  



Ci parli del valore degli standard nella scuola italiana e in quella europea?

L’uso dello standard è ancora molto limitato nel panorama scolastico italiano, quantomeno nella accezione di ‘standard di competenza’, vale a dire come condivisione in merito ai livelli minimi degli apprendimenti per l’ingresso nei percorsi e per la certificazione in uscita. Mentre, al contrario, nell’accezione di ‘standard di percorso’ il suo uso è pervasivo e, anzi, forse viene ancora applicato rigidamente, essendo recente l’esperienza dell’autonomia delle scuole nella definizione dell’offerta formativa, nella gestione del monte ore, ecc.
Nella formazione professionale gli standard di competenza vengono utilizzati maggiormente, ancorché in modo molto vario nei diversi territori, settori, filiere, ecc., anche per la maggiore vicinanza della F.P. con il lavoro.
Per quanto riguarda la situazione in ambito europeo, attraverso i numerosi programmi comunitari che hanno favorito lo scambio transnazionale e grazie ad intense iniziative istituzionali, si vanno definendo nei diversi Paesi, pur con le differenze che rispecchiano le diversità delle culture e dei sistemi formali, ‘sistemi di standard’ che sono o simili o tali da consentire traduzioni o comunque da permettere di ‘dialogare’ fra loro. Gli aspetti comuni riguardano le metodologie di derivazione delle competenze dal lavoro e il ‘formato’ di rappresentazione delle competenze (ad esempio Italia, Spagna e UK utilizzano un linguaggio simile); riguardano la definizione di sistemi di competenze settoriali (es. turismo, ambiente, ICT, ecc.); inoltre funzionano accordi fra Paesi per l’adozione di modelli di attestazione comuni (CVE, Europass, ecc.); un ulteriore campo comune riguarda la sperimentazione di dispositivi per la validazione delle competenze pregresse comunque acquisite (VAP e VAE; APL e APEL).
L’avere definito gli obiettivi europei per l’occupazione e per la formazione in vista del 2010 (previsti dal Consiglio di Lisbona e dal Patto di Stoccolma) incentiva il riferimento a standard per monitorare, sia a livello dei singoli Paesi e poi a livello europeo, il raggiungimento di quegli obiettivi.

 
Quale è il valore pedagogico intrinseco degli standard e quale valenza hanno nel tempo?

L’utilizzo di standard di competenze come ‘livello minimo degli apprendimenti attesi attraverso un percorso formativo’ ha straordinarie potenzialità educative.
Gli standard forniscono la base per la definizione e condivisione del ‘patto formativo’, consentono e stimolano la partecipazione degli individui allo sviluppo dei propri saperi e li responsabilizzano nella definizione del progetto personale e nella gestione del percorso, si prestano all’autovalutazione, abituano al rispetto degli impegni presi, incrementano la motivazione allo studio grazie alla trasparenza della finalizzazione dell’impegno scolastico, divenendo uno strumento per la riduzione della dispersione.

 
In quale rapporto si pongono rispetto al curriculum?

Gli standard impattano sui curricula (intesi come percorsi istituzionali) scolastici, formativi e universitari in diverse forme e in differenti momenti del loro ‘ciclo di vita’:

  • nella progettazione dei curricula. Gli standard (‘di competenza’) definiscono con valore cogente i livelli minimi (beninteso, non i massimi, né i medi, né altro) delle competenze in uscita e dunque rappresentano il riferimento per la definizione degli obiettivi formativi del percorso, rendendo chiaro il rapporto fra corso e risultati attesi, favorendo il confronto fra corsi omologhi e la collaborazione fra progettisti e formatori;
     
  • nell’analisi e valutazione dei crediti in ingresso. Lo standard, rappresentando in modo trasparente le competenze, rende possibile valutare i saperi di cui già i soggetti dispongono (anche maturati in contesti diversi da quelli formali) ai fini del riconoscimento di crediti per l’accesso al nuovo percorso;
     
  • nel recepimento dei crediti nei percorsi. L’utilizzo dei medesimi riferimenti e dello stesso linguaggio per la progettazione formativa e per il riconoscimento dei crediti rende possibile il recepimento dei crediti, per ‘abbuoni’ di parti del percorso e per la personalizzazione dell’iter. ‘Possibile’, non ‘facile’ né ‘automatico’, almeno senza avere adeguato la struttura del percorso in modo da rendere visibile il rapporto fra segmenti dell’esperienza formativa e le competenze ad essi correlate;
     
  • nelle attestazioni e nelle certificazioni intermedie e finali. E’ possibile certificare sia i percorsi che le competenze intermedie in caso di eventuali uscite precoci dal corso. Ciò facilita la circolazione dei crediti nello ‘spazio’ di spendibilità dello standard ed è condizione per l’apprendimento per l’arco della vita;
     
  • nella valorizzazione dei crediti in uscita. Le attestazioni (intermede e finali) sono trasparenti sulle competenze, facilitando la leggibilità e il riconoscimento da parte di altri soggetti e altri sistemi, in altri luoghi, in tempi differiti,  ecc.



Quali sono le differenze di base tra standard e competenze e quale il confine tra i due?

Non c’è, a mio avviso, opposizione fra i due concetti. Gli standard rappresentano il ‘livello minimo delle competenze’. Gli standard non presumono di definire la competenza, né pretendono di rappresentarne l’irriducibile complessità né di generalizzarne lo ‘statuto’ strettamente individuale e personale e neppure di significare il minimo ‘ontologico’ di una ‘disciplina’ (che cos’è il minimo della ‘filosofia’ o della ‘storia’?).
Intendono invece rappresentarne quella componente descrivibile, rappresentabile attraverso ‘evidenze’, sulla quale diversi soggetti, in quel momento e non per sempre, in quell’ambiente e non ovunque, ‘convengono’ e assumono che si tratti del ‘minimo’ per riconoscere e dare credito alle risorse degli individui nei diversi contesti di impiego. Il valore dello standard di competenza è nel linguaggio, nella condivisione, nella possibilità di veicolare riconoscimenti e di fondare un sistema integrato.  Le riserve all’uso e alla diffusione degli standard in campo formativo nascono forse da un equivoco.


Nell'impiego degli standard quali sono i ruoli previsti, quali le responsabilità che ne verranno e come potranno esser gestite da chi le riceverà?

La struttura dello standard prevede tre livelli (nazionale, regionale e locale) in coerenza con la territorializzazione del governo dell’education; in ciascun livello sono chiamati in causa diversi soggetti (parti sociali e istituzioni). Gli utenti dello standard dimostrano in genere una favorevolissima accoglienza, perché ne colgono le potenzialità non solo educative ma di elemento regolatore, di strumento per superare l’autoreferenzialità e per aprire un dialogo fra istituzioni e sistemi.

 
Quali saranno gli sviluppi nel tempo rispetto ad oggi, sia in Italia che in Europa? In concreto, cosa cambierà?

Allo stato attuale, a livello nazionale, sono già disponibili e attive diverse tipologie di standard che fanno riferimento alle differenti accezioni che il termine ‘standard’ identifica in ambito formativo: 

  • standard di competenza. Il ‘livello minimo’ necessario affinché vi sia riconoscimento nei diversi contesti formativi dei saperi acquisiti in un determinato percorso. Sono definiti gli standard per le figure di riferimento per gli IFTS, delle quali sono inoltre in sperimentazione le competenze di base e trasversali ed è imminente la pubblicazione degli standard minimi delle competenze tecnico professionali. Sono stati recentemente presentati gli standard per le figure dell’industria (OBNF); 
     
  • standard di descrizione o di ‘formato’. Nel caso italiano lo standard adottato consiste nella forma dell’U.C. (‘Unità di competenza’, ‘Unità capitalizzabile’, ‘Unità di certificazione’) che indica il set di descrittori minimi che fungono come ‘standard di trasparenza’  (consistenti nei descrittori delle competenze, ad esempio: ‘il soggetto è in grado di …’; ‘il soggetto ha bisogno di sapere come…’. e nei descrittori di valutazione: ‘il soggetto deve dimostrare…..’; ‘gli indicatori sono ….’);
     
  • standard di percorso. Comprendente le regole di composizione dei corsi delle diverse filiere (durata, struttura, competenze minime dei formatori, ecc.)
     
  • standard metodologici. Riguardano le metodologie di analisi del lavoro (analisi per processi) per definire gli obiettivi formativi; la classificazione delle competenze nelle tre note tipologie; le metodologie di progettazione dei percorsi; il rapporto fra la U.C. e la corrispondente U.F.C.; le procedure e gli strumenti di certificazione e di attestazione, ecc.

Editing a cura della redazione Webzine

Foto tratta dall'archivio immagini DIA di Indire - concessa da Olycom

 
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