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Le differenze tra i popoli sono meno di quante pensiamo

Un anno trascorso a Gabrovo, in Bulgaria

di Lorenza Venturi
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Mi chiamo Lucia Manciocco e ho svolto l'assistentato a Gabrovo, in Bulgaria, durante l'anno scolastico 2002-2003. L'attività iniziava a metà ottobre ma ho deciso di partire alla fine di settembre in modo da avere un po’ di tempo a disposizione per conoscere il paese: non sapevo nulla della Bulgaria e mi sembrava opportuno avere un’idea almeno sommaria di come si vivesse.

Per prima cosa sono andata a visitare la scuola alla quale mi avevano assegnato. Il preside e tutti gli insegnanti hanno fatto di tutto per farmi sentire subito a mio agio nonostante le difficoltà linguistiche. Non sapevo, infatti, che pochissimi, in Bulgaria, parlano inglese e che quasi tutti hanno studiato solo russo o tedesco. Il fatto di non poter comunicare con facilità mi è sembrato subito un problema enorme. E’ importante, infatti, crearsi da subito un minimo di vita sociale per non incorrere negli inevitabili momenti di solitudine che, credo, ogni assistente proverà durante i primi giorni. Ma crearsi una vita sociale in un Paese in cui manca una lingua comune è impresa piuttosto ardua.

Così, durante il periodo precedente l’inizio dell’attività, ho studiato per imparare a leggere e scrivere in cirillico e ho cercato di memorizzare il maggior numero possibile di termini e frasi. Da questo studio ho imparato una cosa importante, e cioè che la necessità ci fa assorbire molte più informazioni di quanto possiamo immaginare. In poco tempo ho iniziato a comunicare, seppur in maniera scorretta, in una lingua che mai avrei creduto di parlare. Con questo atteggiamento ho guadagnato la simpatia dei vicini di casa, dei negozianti da cui facevo la spesa, dei camerieri dei locali in cui andavo. Sembrano cose piccole e insignificanti, finché siamo qui, ma vedrete come la vita vi sembrerà molto più facile, lì, quando per strada incrocerete gente che vi saluterà e magari si fermerà per scambiare due chiacchiere con voi dopo avervi incontrati dal panettiere!

L’inizio delle attività non è stato semplicissimo. Come capiterà a gran parte degli assistenti, mi trovavo in una scuola in cui non si insegnava l’italiano, per cui durante i primi giorni non capivo bene cosa dovessi fare e quale fosse il mio ruolo. Inoltre, era la prima volta che in quella scuola si richiedeva un assistente per cui anche il preside e il docente di contatto si trovavano un po’ in difficoltà.

Nel mio caso, ho proposto di istituire un corso d’italiano che ricoprisse le ore immediatamente successive al normale orario scolastico, in modo che gli studenti interessati potessero frequentare le lezioni senza dover andare a casa e poi tornare di nuovo a scuola nel pomeriggio, ma semplicemente cambiando aula al suono dell’ultima campanella. Durante l’orario normale, invece, partecipavo alle lezioni d’inglese. Il semplice fatto di essere presente in classe invogliava i ragazzi a conversare.

E’ importante ricordare che l’assistente Comenius non è un semplice lettore d’italiano, è piuttosto un mezzo per creare quella situazione di intercomunicazione e intercomprensione necessaria per sentirci sempre più parte di quell’unico Paese che è l’Europa.

Con il passare dei giorni, anche gli insegnanti di letteratura, storia, geografia hanno iniziato ad invitarmi alle loro lezioni nel ruolo di relatrice di argomenti precedentemente accordati. Mi è capitato, per esempio, di parlare del sistema scolastico italiano, dell’inquinamento ambientale, della differenza che c’è in Italia tra il vivere in una grande città e il vivere in un piccolo centro, dei monumenti più importanti... In alcuni casi mi sono aiutata con Internet, facendo delle ricerche che potessero fornirmi dei dati esatti, come nel caso della lezione sull’inquinamento. Altre volte, invece, mi è bastato fare un tuffo nel passato e descrivere la mia scuola media. In alcuni casi, semplicemente, rispondevo alle domande dei ragazzi sugli argomenti più disparati.

Nelle classi in cui i ragazzi non studiavano inglese, mi facevo aiutare dagli studenti delle classi d’inglese, che hanno avuto le loro prime esperienze di interpretariato. Alcuni di loro si sono appassionati molto allo studio della lingua, avendo per la prima volta l’occasione di scoprirne la funzione pratica. Il piccolo e timido Jordan, di 12 anni, eletto mio interprete di fiducia per la sua facilità nell’esprimersi in inglese, non può che suscitarmi ancora, a distanza di sei mesi, un pizzico di commozione e un guizzo d’allegria.

Inoltre, poiché sono diplomata in pianoforte, ho proposto al preside di lavorare insieme all’insegnante di musica, e questa è stata senza dubbio l’attività che mi ha dato più soddisfazioni. Con i più piccoli ho inventato una simpatica recita di Cappuccetto Rosso, con battute e canzoncine sia in italiano che in inglese. I bambini hanno preparato da soli costumi e maschere e a Natale hanno recitato davanti ai genitori e agli insegnanti.

Con le ragazze più grandi, invece, abbiamo preparato un vero e proprio concerto, con brani scelti insieme, secondo i loro gusti e le loro proposte. Il preside, entusiasta del risultato, ha fatto in modo che fosse messa a nostra disposizione una grande sala del palazzo più antico della città, per esibirci. Non si è trattato di un semplice concerto ma di un evento sociale. Fino a qualche anno fa, infatti, durante gli anni del regime, l’arte era stata lasciata ai margini. I teatri erano stati chiusi e nessuno si interessava più di musica e spettacolo. Per questo motivo l’evento è stato seguito con entusiasmo prima dalle famiglie dei ragazzi e poi da tutta la città, tanto da farci finire sul giornale e in televisione. Mi ha dato molta gioia vedere l’entusiasmo dei ragazzi e del preside e spero di aver lasciato non solo un buon ricordo di me ma anche un rinnovato amore per lo studio delle lingue e della musica (entrambi mezzi di comunicazione).

Pochissimi giorni prima del mio rientro in Italia, tutti hanno voluto ripetere lo spettacolo, stavolta solo tra noi della scuola, per salutarmi e ringraziarmi con regali di ogni genere. E’ stata una giornata molto commovente in cui ognuno di noi si è reso conto che le differenze tra popoli sono meno di quante pensiamo e soprattutto che la maggior parte di esse sono dovute ai pregiudizi e ai cliché che tutti asseriamo stupidamente di non avere e che invece abbiamo. Queste differenze non possono far altro che diminuire notevolmente, se non addirittura scomparire, nel momento in cui si crea un contatto vero di intercomunicazione come quello che l’Agenzia Socrates ci mette a disposizione.

di Lucia Manciocco, Assistente Comenius in Bulgaria [luciamanciocco@tin.it]

editing a cura di Lorenza Venturi, redazione webzine [l.venturi@indire.it]

 
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