di Valeria Biggi
29 Dicembre 2003
Le tesi sostenute dagli autori si allineano alla recente letteratura sul tema: il bullismo, che trova nella scuola un luogo in cui manifestarsi, non andrà più sottovalutato considerate le sue conseguenze imprevedibili tanto per chi lo pratica quanto per chi lo subisce.
"Il bullismo è un comportamento prepotente, non dovuto a precedenti provocazioni, che mira a colpire gli altri mediante comportamenti di aggressione verbale, relazionale (esclusione dal gruppo, diffusione di calunnie) e fisica. Ci sono distinzioni di sesso e di età fra chi pratica il bullismo: mentre i maschi adottano strategie di tipo diretto, soprattutto fisico, le ragazze utilizzano prepotenze relazionali indirette, che incidono sui rapporti di amicizia fra compagne. Le modalità vessatorie sono molto legate all’età: i più piccoli, abituati al contatto fisico del gioco, esercitano e subiscono prepotenze più dirette; i ragazzi, che sperimentano nuovi tipi di relazioni più centrate sui sentimenti, scelgono pratiche più indirette, relazionali, e quindi anche più nascoste. Particolarità del bullismo è il suo carattere di gruppo: la forza del bullo è intensificata dall’attenzione e dal supporto dei sostenitori e da chi semplicemente non si oppone per paura o sottomissione. I motivi che portano un ragazzo a diventare bullo, possono derivare dal desiderio di essere approvati e considerati bravi e capaci, di compiacere le aspettative dei genitori o dei coetanei, dal desiderio di identificarsi con un gruppo per aumentare il livello di autostima. Il rendimento scolastico può quindi essere influenzato anche da aspetti emotivo-relazionali: il fatto di conseguire cattivi risultati scolastici, spinge il ragazzo a frequentare compagni con le stesse caratteristiche, che si sostengono reciprocamente nell’esprimere atteggiamenti sempre più negativi verso la scuola. Il bullo costituisce un modello positivo per i componenti del gruppo, che sono spinti a imitarlo. Ecco perché essere bravi a scuola può diventare causa di emancipazione dal gruppo. Le statistiche riferiscono che un bambino su tre all’interno della scuola dell’obbligo subisce prepotenze, e se è vero che il numero dei bambini coinvolti diminuisce alla scuola secondaria di primo grado rispetto alla scuola primaria, è altrettanto vero che i ruoli, col passare del tempo tendono a fossilizzarsi con gravi conseguenze per lo sviluppo socio-affettivo. Per questo motivo urge attivare adeguati programmi di prevenzione e intervento fin dai primi anni scolastici."
“Il bullismo a scuola” di Beatrice Benelli e Gianluca Gini
Tratto da: L’Educatore, a. 50, n. 16, 1 mar 2003, pp. 9-11
Editing a cura di Valeria Biggi [v.biggi@indire.it]
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