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ANALFABETISMO

Alfabetismo - analfabetismo della popolazione adulta: ineguaglianza delle opportunità

Dai dati dell'indagine Ials-Sials una riflessione sul futuro della formazione in Italia

di Alessandra Anichini
26 Febbraio 2004

Sei anni di lavoro (1994 - 2000), 22 paesi coinvolti, 75.000 persone in età compresa tra 16  e 65 anni contattate a domicilio, 15 lingue veicolari di informazione e comunicazione: queste le dimensioni dell'indagine Ials – Sials (International Adult Literacy Survey).
Tre pubblicazioni (Oecd-Ocde/Statistics Canada, 1995; 1997; 2000) hanno raccolto i risultati di uno studio che ha permesso, per la prima volta, di confrontare la distribuzione del letteratismo, della competenza alfabetica funzionale tra i cittadini di stati e paesi molto diversi per cultura e livelli di sviluppo economico e sociale, tutti fortemente preoccupati dal fatto che la scarsità di strumenti e di competenze fondamentali di quote consistenti della popolazione, possa divenire fattore di regressione per singoli individui, per gruppi sociali e per interi paesi.



Il quadro di sintesi presentato nel giugno del 2000 disegna tre profili nazionali di competenza alfabetica:

• Paesi in cui la competenza alfabetica funzionale rilevata colloca più del 50% della popolazione nei livelli 3, 4/5 della scala Ials-Sials: ovvero attribuisce loro il possesso di strumenti solidi di competenza, non facilmente degradabili e capaci di sostenere futuri incrementi e sviluppi. Rispondono a questi valori: Germania 51,4%, Belgio 52,3%, USA 53,5%, Nuova Zelanda 54,2%, Danimarca 54%, Australia 55,8%, Canada 57,8%, Paesi Bassi 59,4%, Finlandia 63,3%, Norvegia 66,8% e Svezia 72,1%.

• Paesi in cui i livelli 3, 4/5 sono raggiunti da più del 40% della popolazione: Svizzera 46,2%, Rep. Ceca 46,2%, Irlanda 47,6%, Regno Unito 47,9%.

• Paesi in cui la quota di popolazione che riesce a raggiungere questi livelli è inferiore al 35%: Cile 14,9%, Polonia 22,9%, Portogallo 22,9%,  Slovenia 23,3%,Ungheria 23, 4%, Italia 34,5%.

I dati raccolti, presi nel loro insieme, sollecitano molte riflessioni e approfondimenti, alcuni già presenti nell' ultima definitiva  lettura di comparazione, contenuta nel volume Literacy in the Information Age (Oecd-Ocde, 2000), altre elaborate nei rapporti dei singoli paesi, altre ancora che consistono in studi comparativi condotti su tematiche specifiche.

Benchmarking Adult Literacy in North America: an international comparative study*
(A.Tuijman, 2001) mette sotto osservazione le competenze di gruppi di popolazione per classi di età (giovani fino a 25 anni, adulti da 25 a 65, e all'interno di questa fascia estrapola due settori critici di popolazione, i 46-65 anni e la popolazione che parla la lingua nazionale come seconda lingua) e sviluppa elaborazioni mirate a valutare come sia diversa, nei ventuno paesi, la competenza di popolazioni coetanee. In questo modo si notano i processi emergenti, che non sempre appaiono nelle analisi complessive e si individuano settori marginali e popolazioni “critiche”.

Gli assunti di questo “supplemento di indagine” sono chiari:

• un modesto livello di letteratismo interferisce negativamente con l’inserimento di gruppi specifici di cittadini nei diversi contesti sociali;
• questo deficit potrà ampliarsi ed approfondire distanze, disparità ed ingiustizie in assenza di politiche e di interventi adeguati a ricostituire le condizioni perché tutti i cittadini godano di pari opportunità entro sistemi democratici.

L'analisi dei dati permette di formulare osservazioni significative per ogni paese, in particolare per l' Italia, in relazione all'attuazione della riforma dei cicli scolastici, nel quadro della costruzione di un sistema di educazione e formazione lungo tutta la vita.
Opportunità di formazione, collocazione nel lavoro, qualità della partecipazione sociale: sono indicatori di disuguaglianza, legata ai livelli di letteratismo.
Una domanda sorge spontanea: come intervenire per fare in modo che le ineguaglianze si riducano e come operare perché la tendenza, presente soprattutto nella popolazione adulta, a perdere competenze non si consolidi?
Se si osserva la collocazione dell’Italia nell’insieme delle graduatorie prodotte per i vari indicatori ricavati da Ials-Sials, si può sicuramente dire che il problema della riduzione delle distanze sarà il banco di prova della riforma del sistema scolastico, in corso di realizzazione.
Forse il dibattito sulla riforma dei cicli non ha sempre colto con la dovuta attenzione il fatto che le persone che oggi, e non domani, rischiano di perdere competenze, perché collocate in situazioni non favorevoli (non hanno il diploma, non vanno all'università, hanno condizioni di lavoro poco qualificanti, sono stranieri, ecc.) devono essere inseriti in circuiti formativi normali. Col termine normali si vogliono indicare percorsi formativi che, si chiamino percorsi di orientamento, di apprendistato o misure per l' obbligo formativo o altro, dovranno essere predisposti, tutti, come opportunità offerte dalla istituzione istruttiva e formativa all'insieme dei cittadini, in età scolare e non. In questo modo sarà possibile superare la logica episodica dei progetti e degli interventi eccezionali e consolidare un modello di funzionamento di un servizio complesso e flessibile, adattabile alle diverse necessità degli utenti.
E’ un passaggio delicato, questo, che comporta l’assunzione di un diverso punto di vista nella cultura stessa  delle nostre istituzioni istruttive e formative. I provvedimenti di riforma approvati, nel momento in cui presentano elementi importanti di innovazione in termini di opportunità di studio e di formazione, li presentano ancora come “obblighi”, si parla di prolungamento dell’obbligo scolastico, di istituzione dell’obbligo formativo, ecc; l'obbligatorietà evocata in questo punto è concetto fuorviante, perché, se è giusto parlare di obbligo, questo riguarda il compito di una istituzione che, realizzando il dettato costituzionale, interviene a sostegno dell’esercizio di un diritto del cittadino, che , in questo senso è titolare di un diritto.

I paesi del Nord Europa, che mostrano, insieme a livelli di eccellenza, anche un tasso di ineguaglianza molto contenuto, esprimono nella loro cultura e attraverso l'insieme delle strutture e opportunità formative, che sono in grado di offrire, l'idea che l'istruzione e la formazione sono diritti di tutti i cittadini, a tutte le età. Si insiste nel sottolineare questo aspetto perché è strettamente collegato al problema della conservazione delle competenze nel corso della vita.
La rivista "Education Permanente" dedica due interi fascicoli, il 140 e 141 degli anni 1999 e 2000, a "La logica della competenza" e ripercorre, entro un percorso teorico problematico, le ragioni che concorrono alla perdita di competenze nella attuale organizzazione del lavoro e delle imprese.
Perché all'inizio della carriera molte persone riescono a raggiungere livelli di competenza accettabili per stare nel posto in cui sono inserite, ma poi non riescono a cogliere le occasioni di sviluppo delle loro capacità?
La risposta non può essere semplicistica: talenti e potenzialità possedute non si mantengono stabili nel corso della vita.
Le ragioni per cui si diventa incompetenti sono spesso esterne allo sviluppo di vita del lavoratore. Questo si vede bene quando un lavoratore potrebbe rivelarsi molto competenze, se il suo posto di lavoro rimanesse sempre lo stesso, ma poiché questo diviene presto obsoleto, perde le sue potenzialità.

Il concetto di competenza nasce nel secondo dopo-guerra in situazioni di negoziazione, in cui si regolamenta il lavoro e si richiede il riconoscimento di una qualità professionale. Questa impostazione ha avuto conseguenze sul sistema dell’organizzazione del lavoro e anche della formazione. A livello di impresa la competenza veniva integrata, perché riconosciuta, entro uno schema gerarchico di relazioni e di responsabilità: indirizzava il lavoratore verso l'impresa e l'impresa verso il lavoratore in un sistema di orientamento e di selettività permanente. A livello di comunità sociale l'apparato educativo, in collegamento con il mondo del lavoro, organizzava contenuti e attività formative. Questo è lo schema entro il quale si sono prodotte esperienze importanti di formazione professionale, in ingresso e continua, fino agli anni '80 in paesi quali la Francia e la Germania: la competenza, identificata con la capacità di qualificare e qualificarsi, faceva riferimento a posti di lavoro "ideali" tipici, relativamente stabili.

Oggi le cose stanno in modo completamente diverso: la competenza richiesta è soprattutto la capacità di adattarsi a situazioni molto concrete, ma instabili, ed al cambiamento.
In questo modo si determina netta la separazione tra sapere / formazione in senso professionale / competenza per l'occupabilità ed è per questo che alle istituzioni educative - istruttive - formative, vengono posti compiti nuovi: la scuola soprattutto insegni saperi essenziali e ne garantisca la padronanza ed il controllo, l'insieme del sistema istruttivo - formativo produca "saper fare" generali, che consentano al soggetto di riutilizzarli, di risolvere problemi, di saper negoziare, di fare rinunce e stabilire compromessi.
Costruire una competenza diviene un'azione che indirizza e forma per il lavoro, senza rinchiudere chi impara entro la prospettiva in un mestiere. La grande diffusione delle tecnologie richiede infatti che il lavoratore sia in grado di adattarsi subito alle novità, con una competenza che non può essere legata soltanto a una specifica attività.
Se questo è lo scenario, la manutenzione delle competenze diviene un compito completamente nuovo in cui, sempre più significativa, è una azione educativa diffusa, capace di sostenere l'individuo entro i mutamenti del contesto di vita e di lavoro, agendo su fattori personali, su fattori che dipendono dalla collocazione lavorativa e su fattori che riguardano l' ambiente complessivo ed in particolare l' accesso all'informazione.
Sono questi i compiti delle società dell'apprendimento, che stanno mutando notevolmente i quadri di riferimento e le condizioni dei cittadini dei diversi paesi.
 

Riferimenti bibliografici

AA.VV. “La logique des competences” – parte prima e seconda in Education Permanente n. 140-141, 1999 e 2000.
Oecd-Ocde, Literacy, Economy and Society, Paris, Oecd-Ocde/Statistics Canada, 1995.
Oecd-Ocde, Literacy Skills for the Knowledege Society, Paris, Oecd-Ocde/Statistics Canada,1997.
Oecd-Ocde, Literacy in the Information Age, Paris, Oecd-Ocde/Statistics Canada, 2000.
V.Gallina, La Competenza Alfabetica in Italia, Roma, F. Angeli, 2000.
A. Tuijmann, Benchmarking Adult Literacy in North America, Statistics Canada 2001.

di Vittoria Gallina
(estratto dalla pubblicazione in CADMO Anno IX, numero 26 – Agosto 2001)

Editing a cura di Alessandra Anichini e Francesco Vettori, redazione webzine  

 
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